Bibliografia Vichiana I

IL VICO E IL SECOLO DECIMONONO

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estrinseche comunicazioni della civiltà, nell’avvertenza di non interpretare la psicologia primitiva con la psicologia moderna, e via discorrendo. Riscontro nelle soluzioni effettive di problemi storici, perché furono riaffermati il carattere arcaico e barbarico delle civiltà primitive greca e romana, e l’indole aristocratica e feudale delle loro costituzioni politiche: il cerimoniale dell’antica giurisprudenza riapparve come un poema drammatico, allusivo ad azioni guerresche; il travestimento degli eroi grecoromani in eroi democratici ebbe termine coi giacobini francesi e i loro imitatori in Italia e altrove; Omero fu considerato poeta tanto più grande quanto più rude ; la storia di Roma venne ricostruita soprattutto sulla base del diritto romano, e i nomi dei sette re apparvero simboli di istituzioni, e le origini tradizionali di Roma tarde invenzioni greche o condotte su modelli greci ; la sostanza di quella storia fu riposta nella lotta economica e giuridica di patriziato e plebe, e la plebe derivata dai famoli o clienti; la lotta di classe, che il Vico pel primo aveva rischiarata di cruda luce, fu accolta come criterio di larga applicazione alla storia di tutti i tempi e per l’intelligenza dei maggiori rivolgimenti sociali; il medioevo, segnatamente durante la restaurazione seguita al periodo napoleonico, attrasse gli animi e le menti, vagheggiato e sospirato come il contrapposto della società razionalistica e borghese, e inteso, perciò, come il periodo religioso, aristocratico e poetico che il Vico aveva scoperto, come 1’ età giovanile dell’ Europa moderna. L’ltalia ritrovò così la grandezza del suo Dante, e quella critica dantesca, che il Vico aveva iniziata, il De Sanctis portò innanzi : come il Niebuhr e il Mommsen maturarono la storiografia romana di lui; il Wolf e i posteriori critici di Omero (particolarmente Ottofredo Miiller), la teoria omerica [v. già sopra pp. 395-400]; il Lewis, il Pais e il Lambert, I’ altra e analoga sua teoria circa la legge delle XII Tavole ; lo Heyne. il Miiller, il Bachhofen, l’interpretazione dei miti ; il Grimm e altri filologi, il desiderato di una ricostruzione della vita primitiva per mezzo delle etimologie [v. già sopra p. 370] ; il Savigny e la scuola storica, lo studio degli svolgimenti spontanei del diritto, con la preferenza data alle consuetudini sulle leggi e i codici; il Thierry e il Fustel de Coulanges in Francia, e il Troya in Italia, e una legione di dotti in Germania, la concezione del medioevo e del feudalesimo; il Marx e il Sorel, l’idea della lotta di classe e dei ringiovanimenti delle società per mezzo di ritorno a stati d’animo primitivi e a ricorsi di barbarie ; persino il « superuomo > del Nietzsche rinnovò, in qualche modo, 1’ « eroe » vicinano. Sono alcuni nomi soltanto, che ricordiamo alla rinfusa e un po’ a caso, perché, a ricordarli tutti, e ciascuno a suo luogo, si dovrebbe scrivere l’intera storia del pensiero europeo nella sua fase più moderna: una storia che non è ancora chiusa, sebbene abbia avuto, sotto nome di « positivismo », una parentesi di parziale ritorno all’astrattismo e materialismo del secolo decimottavo, che essa, invece, sembra ora chiusa fermamente. Questi molteplici ricorsi dell’opera di un individuo nell’opera di più generazioni, questo riscontro tra un individuo e un secolo, giustificano una definizione immaginosa che si può dare del Vico, desumendola dallo svolgimento posteriore : che egli fu né più né meno che il secolo decimonono in germe.