Bibliografia Vichiana I

MONTI

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II IL VICHISMO IN LOMBARDIA

All’apostolato vichiano esercitato dal Cuoco, dal Lomonaco e dagli altri nominati qui sopra arrise, quasi immediato, il successo più lieto. Non che quello dei proseliti fosse sempre vichismo genuino : per contrario, anche il loro, come sovente quello dei loro «apostoli», fu un vichismo contaminato con dottrine estranee e talora ripugnanti o, quanto meno, un ibrido miscuglio del Vico dei punti rifiutati del Liber metaphysicus col Vico della Scienza nuova. Ma, quale che fosse, investì con tanta forza la storiografia italiana dei primi dell’Ottocento, che, nello scorrere i singoli articoli storici e politici inseriti nei periodici letterari del tempo, si giunge sempre a un punto in cui, press’ a poco come nelle opere del Cuoco, si presente il rimando, esplicito o implicito, al Vico, che, in effetti, giunge immancabile qualche riga appresso. Prima e con maggiore impeto che non in altre regioni dell’ltalia settentrionale e centrale, codesta efficacia si fece sentire in Lombardia. Giova quindi dare inizio alle nostre indicazioni bibliografiche col ricordare gli scrittori che vissero o lavorarono in terra lombarda o che, pure dimorando abitualmente nelle prossime adiacenze (Emilia e Romagna), conobbero di persona il Cuoco e altri esuli napoletani, subendo direttamente la loro efficacia. 1. V. Monti e G. Perticari. S’è veduto già (p. 416) che tra i primi convertiti dal Cuoco alla religio viciana fu Vincenzo Monti, il quale aveva conosciuto l’esule napoletano sin dal 1800 a Parigi o in Savoia. Al Monti, inoltre, usa attribuire 1’ iniziativa (la sola iniziativa, non la cura) della prima ristampa milanese dell’ultima Scienza nuova (v. sopra pp. 53-54), nonché l’anonima versione italiana del Liber metaphysicus, comparsa a Milano nel 1816 (v. sopra p. 17). Comunque, nella prolusione Della necessità deir eloquenza, pronunciata a Pavia il 29 novembre 1803 nell’iniziare in quell’ Università il corso correlativo, e tante volte stampata e ristampata poi, proprio il Monti, pure esortando i giovani allo studio del Nostro, poneva in circolazione il cliché, tanto fortunato quanto falso, d’ un Vico che pensa da semidio e scrive da ostrogoto.