Bibliografia Vichiana II
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TOMMASEO
Delle tre stesure che se ne conoscono, la più antica, preparala per le Biografie degli illustri italiani che Emilio de Tipaldo andava raccogliendo per l’editore Alvisopoli di Venezia, risale su per giù al 1840 ; ma, poiché nel 1841 congiunture varie fecero interrompere per qualche anno la stampa di quel repertorio, essa non vide la luce se non nel 1844 alle pagine 1-27 del volume nono, di sul quale fu ristampata quale prefazione (pp. v-xl) alla ristampa dell’ultima Scienza nuovi pubblicata nel 1848 dal Silvestri (v. sopra p. 56) e alle pagine 258-80 del secondo volume della « Storia delle lettere e delle arti in Italia giusta le reciproche rispondenze ordinate nella vita e nei ritratti degli uomini illustri dal secolo XIII sino ai nostri giorni per cura di Giuseppe Rovani » (Milano, Nicolini, 1856). Ma già nel 1843, un anno prima della prima comparsa di questa prima stesura, l’autore, col titolo Studi critici sul Vico, ne pubblicava, presso l’Andruzzi di Venezia, una seconda, la quale, ristampata alle pagine 161-419 delle più volte citate Opinioni e giudizi sopra le opere del Vico , oltreché non pochi spostamenti, correzioni e aggiunte, presenta in più, col titolo Annotazioni, dodici appendici, relative allo Steliini, al Grozio, al Romagnosi, allo « ius sacro de’ romani », agli « studi degli antichi intorno alle origini delle umane società », al Foscolo, agli « sciti, illiri e slavi », al Niebuhr, alla « religione di Roma », alla « dignità civile della poesia e della musica », al « progresso secondo la religione nostra », e a un’interminabile polemica (ripartita in venticinque paragrafi) contro il Gioberti e in difesa del Rosmini. Di codeste annotazioni o appendici quelle sul Foscolo, sul Romagnosi e sul Niebuhr—e la prima arricchita d’una « giunta », riprodotta altresì nelle mentovate Opinioni e giudizi sul Vico, poi nell’edizione del 1872 e in quella del Quadrelli— furono ristampate nelle edizioni seconda, terza e quarta del Dizionario estetico, ove, col titolo Della sapienza riposta della lingua illirica, è dato altresì un saggio di raccostamenti filologici e ideali, preceduti da una sorta di avvertenza, ristampata alle pagine 239-40 del volume del Quadrelli, e nella quale si sostiene, tra l’altro, che « quello che il Vico congetturava della sapienza degli antichi italiani, distillando, a dir quasi, il sugo delle idee latenti nelle radici del latino idioma », « quel medesimo è tempo ormai che si affermi di tutte le lingue de’ popoli ». Per ultimo, la terza stesura, riproducente, sì, nell’essenziale, la seconda, ma con giunte, correzioni e tagli, col cangiato titolo Giambattista Vico e il suo secolo , con la ripartizione del testo in venticinque paragrafi, con l’espunzione della lunga appendice sul Rosmini e il Gioberti, ma con l’aggiunta di altre due sui simboli e sul De rebus gestis Antonii Caraphaei , fu dall’autore medesimo inserita alle pagine 1-179 della Storia civile nella letteraria (Roma-Torino-Firenze, Ermanno Loescher, 1872). Su codesta edizione del 1872 e, insieme, sull’altra del 1843, di cui furono integrati tutti i brani soppressi, e col portare le appendici a ventuna mercé l’aggiunta degli altri scritti sul Vico mentovati qui sopra, Ettore Quadrelli ha pubblicato nel 1930, presso l’Unione tipografico-editrice di Torino, e quale numero 59 dei Classici italiani diretti da Gustavo Balsamo-Crivelli, il volume intitolato « Niccolò Tommaseo, G. B. Vico, con introduzione di Antonio Bruers ». Ciò premesso, si sa bene che, nel farsi a giudicare uomini e cose della storia civile e letteraria, il Tommaseo usava ispirarsi a un’orgoglio sità irrequieta e tanto più acrimoniosa in quanto era fondata sull’illu