Bibliografia Vichiana I

MANZONI

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concepì per quel giovane così promettente la stima altissima documentata dalla recensione del carme In morte di Carlo Imbonati, inserita nel Giornale italiano del 3 aprile 1806, volle, con maggiore solerzia e capacità dei suoi compagni di esilio, rassodare il grande lombardo nel culto vichiano, nel quale il futuro autore dei Promessi sposi si venne rafforzando via via che rivedeva le bozze di stampa del Platone in Italia da! quale pare che prendesse poi la fictio dell’ anonimo manoscritto secentesco ritrovato e riscritto—e leggeva gli articoli pubblicati dal suo iniziatore nell’ora mentovato Giornale. Non è dunque da maravigliare se, quantunque in misura inferiore, sia da ripetere anche nei riguardi del cantore di Adelchi ciò che s’è detto del Foscolo (pp. 426-27) : non esistere tra i suoi scritti principali un solo che non riveli, attraverso qualche citazione o reminiscenza vichiana, se non proprio lo studioso assiduo, quanto meno il lettore non disattento del Liber metaphysicus e della Scienza nuova. A un suo parallelo' tra il Vico e il Montesquieu s’è accennato sopra (pp. 286-87): ci si consenta di aggiungere qui qualche altro ragguaglio. Più d’ una volta s’ è mentovata 1’ eterogonia dei fini, cioè quel principio fondamentale che, enunciato e applicato mille volte nel sistema vichiano, viene reso quasi popolare nell’invito che fa il Nostro a riflettere « con quanta facilità le cose nascono ed a quali occasioni, che spesso da lontanissime parti T e talvolta tutte contrarie ai proponimenti degli uomini, vengono e vi si adagiano da se stesse» (Opp., IV, capovv. 344), E quel principio appare qua e là nei Promessi sposi : ove, per non ricordare altro, fra Cristoforo s’illude, col chiudere Lucia in un monastero, di salvarla dagli artigli di don Rodrigo, e viene quasi a gettargliela nelle braccia; e don Rodrigo a sua volta, assicuratosi l’aiuto dell’lnnominato, si culla ormai nella per lui certezza di fare sua la giovane, e invece, divenendo r senza saperlo, causa occasionale della conversione del suo confederato, scava tra sé e la fanciulla l’abisso. Ognuno sa quanto il Manzoni fosse attaccato alla dottrina dell’origine passionale, e quindi pratica, dell’ errore teorico : dottrina più che giusta, ma che, spinta nella Storia della colonna infame all’esasperazione, fini col farlo cascare in continue e stridenti ingiustizie. Orbene proprio in quella dottrina riconoscerà una derivazione diretta dal Vico chiunque ricordi che già nel Liber metaphysicus il Nostro, nell’ attribuire fan-