Bibliografia Vichiana I

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MANZONI

tasiosamente agli antichissimi italiani la sua personalissima metafisica, aveva scritto (Opp., I, 171) che coloro «ab animo pendere mentem putarint, quia ut quisque est animatus ita cogitat : de iisdem enim rebus pro diversis studiis alii aliter sentiunt»; e che nel De constantia aveva ripetuto ancora più chiaramente [Opp., 11, 272) che, « quanquam enim ex mentis erroribus animi vicia gignantur, tamen animi vicia magis quam mentis errores inquisitioni veri sunt impedimento : nam ex corruptis moribus proveniunt sectarum vel caussarum studia, nostrae ingeniorum deliciae, quibus nostros mentis errores obstinamus ». All’efficacia del Nostro sono dovuti ancora, almeno parzialmente, così la polemica del Manzoni contro la storiografia di tipo giannoniano-volteriano, come il suo appassionarsi per la « barbarie seconda », e l’impulso dato da lui, con un esempio memorando il Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia (1822), agli studi sul medioevo italiano. Al quale proposito va osservato che, sebbene a taluni sembrasse che in quel Discorso fossero calcate «le orme di Agostino Thierry, il quale nella Conquista de 1 normanni in Inghilterra, fonda ogni ragionamento sulla distinzione tra il popolo vincitore e il popolo vinto, e dal loro antagonismo spiega tutti gli eventi», il Manzoni teneva a fare notare d’avere trovalo già « queste teorie in Giambattista Vico, ove, discorrendo delle due celebri rogazioni di C. Canuleio, dice che a quel tempo, cioè nel principio del quarto secolo di Roma, i plebei erano ancora stranieri» (cfr. Opp., IV, capovv. 597-98): con che soggiunge il Cantù, da cui togliamo questo ragguaglio « il divinatore napoletano non vedeva nei patrizi e nei plebei due classi di cittadini, ma due popoli, uno sovrapposto all’altro ». E in effetti, per ripetere quasi la stessa cosa con altre parole, d’ispirazione vichiana è la fondamentale tesi antigiannoniana (e quindi antineoghibellinica) sostenuta in quel Discorso : essere stati i romani vinti ridotti dai longobardi vincitori a quella che il Vico, in casi affini, aveva chiamata condizione dei « giornalieri di Romolo », e cioè essere stato il popolo vero e proprio costituito dalla sola nazione longobardica, la cui libertà non era altro che quella « libertà signorile » (o dei soli eroi o patrizi) che sola la Scienza nuova ammetteva agl’ inizi della storia dei greci, dei romani e di qualunque altro popolo, e alla quale soltanto gradatamente, e