Bibliografia Vichiana I

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CAPEI - PEPE

storico italiano , serie 111, volume II (1868), pp. 202-208, e cfr. una nota di Ferdinando Martini nell’edizione più oltre citata dell’ Epistolario del Giusti, 11, 75. —Sulla sua attività storiografica, Croce, Storiografia italiana nel secolo decimonono, indice dei nomi, sub « Capei ». 10. G. Pepe. Collaboratore assiduo del VAntologia fu altresì Gabriele Pepe (1779-1849), neppure lui fiorentino, anzi, come il Cuoco, di cui era cugino, di Givitacampomarano. Veramente, egli fu odiatore cT ogni metafisica e, in quanto tale, ammiratore d’un Vico inteso assai empiricamente. Nondimeno imitò con tutte le sue forze il suo concittadino e parente nel cogliere ogni occasione per diffondere il nome e le dottrine del Nostro durante i non pochi anni (1823-36) lungo i quali, dopo la rivoluzione napoletana del 1820, fu esule nella capitale toscana. Sin dal 27 marzo 1824, nello scrivere a Carlo Troya, esponeva una serie di considerazioni sulle due barbarie, la primitiva e la ricorsa, affermate dal Nostro. Qualche mese dopo (giugno 1824), nella già ricordata necrologia del Cuoco (v. sopra pp. 407-408), definiva il Vico « originale creatore d’ una novella e sublime critica isterica »; « arditissimo pensatore, che, fortemente obbligando i lettori a pensare, fa nelle loro menti germogliare nuovi e peregrini pensieri » ; nonché « genio che portò una face nella notte primitiva de’ secoli, diradando le ombre dell’infanzia di ogni popolo, e creò una istoria eterna, divinando quella sì delle decorse che delle future genti », Nello stesso anno 1824 pensava di tradurre in italiano il De uno : idea, per altro, abbandonata ben presto e suggerita poi nel 1833 al fratello Carlo, che neppure lui ne fece nulla. E, analogamente, il 25 marzo 1825 annunziava che, una settimana dopo, si sarebbe iniziata a Firenze, a sua cura, una ristampa quanto mai elegante del testo latino dell’anzidetto De uno, di cui, a suo dire, proprio quella mattina egli aveva presentato alla Censura, per l’approvazione, l’edizione originale. Senonché codesta presentazione venne fatta soltanto il 18 aprile dalla stamperia Viggiani, e, sebbene il censore Mauro Bernardini desse parere favorevole, quella ristampa, di cui s’è fatta invano ricerca in tutte le pubbliche e molte biblioteche private fiorentine, dove restare anch’essa mero proposito. Nel 1826, nel proemio a certe inedite lezioni private di filosofia della storia, che tenne sino al 1836, osservava che alla disciplina insegnata da lui si poteva giungere per una duplice strada : o costruendo preliminarmente una compiuta storia universale, per poi dedurre « dai fatti comuni degli uomini e de’ popoli » una dottrina della storia ; ovvero argomentandola « teoricamente per principi, come fece il Vico ». Impossibile, per altro, seguire la prima via, giacché, « oltre all’immensità della mole, v’ha l’impossibilità della fatica, mancando il più delle notizie occorrenti, e sovra tutte le più necessarie, quali sono quelle delle prime età della nazioni ne’ loro primordi civili ». E, quanto alla seconda strada.