Bibliografia Vichiana I

COLANGELO

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reincarnasse 1’ antivicbismo cattolico del secolo decimottavo (v. sopra pp. 233-35, 264-67, ecc.). Veramente, egli non prendeva ancora posizione contro il Nostro nella già mentovata Irreligiosa libertà di pensare. Ma in altri suoi libri, e segnatamente nel quarto volume del Quadro filosofico della letteratura italiana, pp. 210 e 213-14, preannunziava contro il Vico un particolare lavoro, che vide effettivamente la luce nel 1822. presso Angelo Trani di Napoli, in centocinquantuno pagine in ottavo, recanti il titolo Saggio di alcune considerazioni sull’opera di Giambattista Vico intitolata « Scienza nuova ». Poiché un riassunto ne viene dato dal Labanca, basterà dire qui che il Colangelo accusa, e non a torto, il Vico di contraddizione, dal momento che—laddove esalta Mosé come il maggiore degli storici e perché ispirato da Dio e perché anteriore di molto agli storiografi greci e latini (cfr. Opp., IV, capov. 1150) e laddove considera il medesimo Mosé anche un grande metafisico, come colui che, prima di Platone e Aristotele, avrebbe còlto la vera natura dell’ ente (Opp., IV, capov. 1293), —quando poi si fa a ricostruire la storia del tempo oscuro e favoloso, o mette totalmente da parte il Pentateuco o vi si pone implicitamente contro. Dopo un preludio siffatto, avrebbe potuto il Colangelo non seguire il Finetti in tutte le sue tesi antivichiane (v. sopra pp. 264-67) ? Nega quindi l'ipotesi dell’erramento ferino, contro la quale allega passi di Tucidide e di Tacito. Nega altresì che il sentimento religioso fosse suscitato nel cuore umano dal timore del cielo tonante : che anzi soggiunge tanto timore riuscì esiziale alla forma ben determinata che la religione aveva assunta già dopo la rivelazione divina, in quanto, avviando l’umanità verso il concetto d’uno spirito malefico opposto a quello benefico del vero Dio, la fece deviare dal monoteismo verso una sorta di manicheismo. Nega 1’ origine spontanea e alogica del linguaggio, che asserisce, invece, dovuto a invenzione cosciente di uomini sapienti. Rimprovera al Vico di non conoscere le leggi dell’analogia o, quanto meno, di misconoscerle nel fatto. E, per ultimo, se il Finetti parlava del Nostro come d’un uomo dal cervello alquanto leso (v. sopra p. 202), il Colangelo, col suo mostrarsi « quasi disposto a credere » che il Vico « scrivesse queste cose per suo divertimento», viene a qualificarlo peggio che mentecatto : giacché soltanto uno sciocco squilibrato avrebbe potuto spingere il « divertimento » o dilettantismo letterario