Bibliografia Vichiana II

LERMINIER - DUGAS-MONTBEL - CHATEAUBRIAND

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storia romana, e, come ignorò del tutto quella dell’Oriente antico, così non ebbe conoscenza profonda dell’Europa medievale e moderna. Ma che per ciò? Egli resta sempre un genio così originale che, al tempo medesimo che si sottraeva all’efficacia di Cartesio e del Locke, che attraverso il Voltaire cominciava a predominare in tutta Europa, precorse il secolo deciraonono. Perciò il suo restò un monologo, che soltanto più tardi avrebbe trovato ascoltatori. Parole dalle quali appare che al Lerminier appunto alludeva il Predar! quando polemizzava contro la presentazione della Scienza nuova quale monologo. Dell ’Introduction v. principalmente l’edizione originale, p. 167. Di essa s’ebbe anche un’ integra versione italiana, pubblicata in Napoli, presso la tipografia Trani, nel 1884. Quanto alle pagine relative al Vico, le ritradusse nella nostra lingua Carlo Cattaneo, che inserì codesta versione negli Annali universali di statistica, voi. XLIX (1836), p. 295, aggiungendo che « dal giudizio dello scrittore francese si scorgerà in quale onore sia salito oltralpe il nome di Vico : cosicché le parole di ammirazione ripetute dagli italiani sul gran pensatore non possono dirsi un monologo di boria nazionale » (cfr. A. Levi, monografia sul Cattaneo citata più oltre, p. 41). Altra versione italiana delle medesime pagine vichiane fu data da Annibaie di Niscia nelle Opinioni e giudizi sulle opere del Vico, pp. 125-32. Del Lerminier è da vedere inoltre, sul Nostro, VHistoire de la philosophie da droit (Bruxelles, 1830), I, 102. 7. Dugas-Montbel. Orientata verso la vichiana Discoverta del vero Omero è la già citata Histoire des poèmes homériques del Dugas-Montbel (Paris, 1831). V. F. Nicolini, Divagazioni omeriche citate, p. 54, e cfr. sopra p. 400. 8. Chateaubriand. Come colui che, dopo un secolo di oblio, è uscito dalla tomba a rivendicare, ora che i tempi sono maturi, la gloria che gli è dovuta, il Vico è poeticamente raffigurato dallo Chateaubriand (1768-1848) nelle Études ou discours historique sur la chute de L'empire romain (Paris, 1831). Senonché non pare che il romantico francese scorgesse bene il fondo del pensiero vichiano, ch’egli espone riassumendo il Discours del Michelet. Senza dubbio gli si deve dare ragione quando osserva che l’essersi lasciato dominare talora dalla possente fantasia induce il Nostro a mescolare a verità eterne cose ingegnose bensì, ma che non possono essere approvate né dalla storia né dalla ragione né dalla logica. Ma, d’altra parte, se avesse compreso bene le teorie vichiane del mito e del linguaggio, lo Chateaubriand non avrebbe soggiunto che Cuna è insostenibile, l’altra mostrata contestabile dalla storia. Da notare inoltre che, nell’assai sur les révolutions (11, 5) egli, pure