La critica e l'arte di Leonardo da Vinci

182 PARTE SECONDA

massa, ma considerò a nuovo i rapporti fra il chiaro e lo scuro delle forme, e s'accorse che accentuando lo scuro s’alleggeriva la forma, le si dava cioè ogni potenzialità di moto, una capacità di vibrazione continua. Sotto questo aspetto, egli assunse di fronte all’arte fiorentina del tempo suo il doppio atteggiamento di continuatore e di trasformatore. È la soluzione del moto ch'egli trovò fu certo la più felice fra quante ne furono trovate a Firenze, quella che più si avvicinò alla soluzione accettata da tutta l’arte moderna, la vibrazione cromatica.

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Ma Leonardo accoglieva nell'animo immenso non solo l'acuto interesse de’ suoi conterranei per la figura umana e le sue pieghe spirituali. Nella visione universale comprendeva insieme alla figura umana la natura entro cui essa si muove : alberi e fiori, vallate e corsi d’acqua, montagne rocciose e nubi che le avvolgono. Il paesaggio aveva interessato i maestri fiorentini del Quattrocento solo in via assai subordinata : come sfondo lontano, come contributo negativo al rilievo della figura, secondo aveva insegnato Masaccio. E Botticelli vedeva nella macchia di un muro il più bel paesaggio, non nel senso della sua imprecisione di forme, ma della sua funzione sommaria di sfondo lontano. Leonardo avvicina invece il paesaggio all'immagine umana, e sopra tutto rende questa dipendente dall'azione atmosferica dell'ambiente paesistico. Non tanto dunque per l'ampiezza concessa al paese ne’ suoi quadri, nè per la forma stessa dei paesi dipinti, quanto per il rapporto trovato, di funzione anzi che di giustaposizione, fra paese e figure, | egli si contrappone a’ suoi maestri, anzi che continuarli. |

Una corrente d’arte non fiorentina può avere impressionato Leonardo in tale questione. Non che Leonardo abbia avuto bisogno di esempi paesistici per sentirsi svegliare nell’animo