La critica e l'arte di Leonardo da Vinci

184 PARTE SECONDA

rendere con le gradazioni di bianco e di nero le rifrazioni della luce. E non potè a meno di avvertire tutto il vantaggio che gli sarebbe derivato, se avesse adattato al suo stile le rifrazioni luminose di cui erano maestri i Fiamminghi. Appunto anche i Fiamminghi caricavano di scuro le cose, per potere graduare a volontà le rifrazioni delle materie, e quindi individuarle. Dare alle singole rifrazioni l’unità dello stile, accordarle fra loro, fu tutt'uno con l’attuare nella penombra l’immagine umana, con l’immergerla nell’atmosfera, con l’avvicinare il paesaggio all'immagine e fonderli insieme. L'identità di moto e di luce era trovata. La possibilità per attuare i sogni della sua fantasia era per Leonardo raggiunta.

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Con ia sintesi del moto e della luce, riottenne Leonardo anche l’effetto di grandiosità, che Masaccio aveva già saputo attuare, ma che i successori di lui avevano smarrito per la via delle ricerche particolari. L'effetto di grandiosità è infatti intimamente connaturato con la visione sintetica delle cose : non è mai grandiosa una miniatura.

La prospettiva introdotta nell'arte moderna da Filippo Brunelleschi sin dai primi anni del Quattrocento era stata il punto di partenza per ogni effetto di grandiosità. Infatti, l’interpretazione matematica della natura è per eccellenza l’interpretazione sintetica. È nota l'adorazione di Leonardo per la matematica : quando dipingeva, quanto più viva era in lui la visione di una realtà contingente, tanto più severa era la riflessione sulla legge essenziale della realtà stessa. Naturale perciò che egli abbia sottinteso in sè le osservazioni particolari, tutte le esperienze acutissime dei predecessori, ma tutte le abbia subordinate, velate, sfumate, perchè, a guisa di mille voci, si rac-

cogliessero in un solo accento.

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