La critica e l'arte di Leonardo da Vinci

28 PARTE PRIMA

infatti i grandi coloristi moderni col tocco, col grumò cioè di colore, che interrompe le superficie, raccoglie in sè potenza cromatica e la diffonde sui colcri circostanti. La superficie delle pitture di Leonardo è invece « tersa e pulita » ; esse dimostrano quindi, come ben sa l'osservatore della natura, « meno il (loro) vero colore », e più la luce e l'ombra.

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Luce ed ombra mutano non solo a seconda del colore e della sua superficie, ma anche a seconda della forma.

« La dilatazione e retrazione delle ombre, ovvero la maggiore o minor larghezza delle ombre e de’ lumi sopra i corpi opachi, saranno trovate nelle maggiori o minori curvità delle parti de’ corpi dove si generano » (1).

« Le maggiori o minori oscurità delle ombre si generano nelle più curve parti de’ membri, e le meno oscure saranno trovate nelle parti più larghe » (2).

Dunque i piani larghi confinano le ombre ai limiti : sono i piani di luce. Ricordate la « Baitista Sforza » di Piero dei Franceschi agli Uffizi? Come chiaro il suo piano facciale? Ma perchè il gioco della luce e dell'ombra si avveri, è necessario che le forme si curvino di continuo, s’accavallino, diventinb onde in tempesta. E Leonardo infatti abbandonò i piani larghi, e tondeggiò; come tondeggiarono tutti i grandi pittori del tone e della luce, da Giorgione a Manet.

Il tondeggiare delle forme, se è necessario agli effetti della luce e dell'ombra, è anche la forma particolare di una particolare situazione visiva : la veduta lontana. Leonardo ne ha una

coscienza che non potrebbe esser più chiara :

(1) Trattato, B. 634. (2) Trattato, B. 635.