La legazione del cardinale Antonio Berberini nella Guerra del Monferrato
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buon successo, si lasciò andare ad un’inazione sempre crescente. Da principio trascurò d’iniziare nuove pratiche, in seguito, rendendole, lo stato dello cose, necessarie, lasciò scivolare ogni autorità nelle mani del Mazzarino, il quale si valse di quest’autorità per lavorare a suo profitto. Fu dunque grave l’errore di Urbano Vili d’aver elevato a Cardinal legato, con incarico tanto importante, il nipote, il quale non per mancanza di zelo, ma d’intelligenza e d'astuzia non seppe lavorare ad accrescere la grandezza ed il prestigio di Roma. L’opera del Cardinal legato venne a mancare allora appunto quando più necessitava, dimostrando l’andamento delle, cose, anche ad un occhio poco esercitato, prossima la soluzione definitiva, venne a mancare cioè, quando il Rapato avrebbe dovuto, e potuto raccogliere i frutti del lavoro precedente. Ma il Cardinal Antonio non seppe imporre ai principi interessati la sua volontà; per conseguenza la pace definitiva, da cui Urbano Vili sperava trarre numerosi vantaggi morali, non fu stipulata in Italia, ina a Ratisbona, dove la sua azione e la sua influenza non si esercitavano quasi affatto. Così si iniziò quel nuovo procedimento di cose, mediante il quale il papa, a differenza di prima, non ebbe che un’ingerenza apparente. <> fu interamente escluso dal concerto degl’interessi europei. Intanto Ferdinando li faceva soliecStazioni al pontefice, perchè si dichiarasse contro la Francia, di cui era palese il desiderio di guerra. Il pontefice fece rispondere « che si era adoperato vivamente per la pace, e specialmente in ultimo durante la negotiatione del Cardinal Antonio in Piemonte, e che il medesimo farà sempre con ogni zelo, ma che per poterlo fare è necessario ed espediente di conservarsi padre comune, e non mettersi in parte, perchè a questo si deve pensare molto prima die si venga » (1) Uguale domanda fu fatta da Filippo IV. il quale accusava il pontefice di parteggiare per la Francia « il che aveva palesamento- manifestato. rimproverando l’occupazione del Mantovano ». Rispose il pontefice che prendeva equivoco « perchè non aveva mai giudicato di giusto ed ingiusto, ma solo riferiva le ragioni che la parte recava per se, affini 1 di sentirne le risposto dall’altra; et al più desiderava che la causa si vedesse per la via di giuditio e non d’armi » (2), Ma nonostante tutte queste belle parole, il pontefice non poteva ingannare la Spagna e la Germania. tanto più che fu precisamente in conseguenza della sua opposizione, che la soverchia potenza dell’imperatore crollò ad un tratto, che sorso la combinazione della causa dei protestanti e degli Svedesi con gl'interessi politici di Francia: che la vasta cerchia delle forze cattoliche andò dimezzata, e cheti protestantesimo. già venuto a prostrazione acquistò nuove forze. Esso sarebbe caduto probabilmente senza alcuna speranza di sollevarsi più tanto presto, so Urbano VITI in tempo avesse procurato ili collega re sotto la stia autorità tutte le potenze cattoliche. Ma il papa re. da quel politico che era. compiacevasi di giuocaro eoi fuoco ardente, occorrendogli appunto ciò, che già ai primi tempi della rivoluzione, era occorso ai suoi predecessori, che cioè l’odiatissimo protestantesimo si offerisse quale alleato ai bisogni temporali ilei Papato da valersene destramente contro l’arroganza di Casa d Austria.
(1) 18 Maggio 1030. F. Barberini al Palletta (Ardi. seg. del Vat, Cifre di Germania. N. 120, Foglio 138, Doc. XXXTT). (2) 18 Maggio 1080. F. Barberini al Palletta (ivi).