Bibliografia Vichiana I
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CONDILLAC
B ) Per altro, coincidenze tra la Scienza nuova e P Essai del Condillac s’incontrano a ogni passo anche nei capitoli anteriori ai due ora mentovati (edizione citata, pp. 257-415) : che anzi in quelli, pure non mancando confessate derivazioni dal Warburton (cfr., per esempio, pp. 258-59, 267-70), prevalgono osservazioni affatto indipendenti da quest’ultimo. C) Ciò non ostante, è molto difficile che il filosofo francese attingesse all'opera vichiana, dalla quale, per contrario, tutto fa supporre che, per lo meno prima della sua venuta alla corte di Parma (1757), ignorasse persino l’esistenza. E valga il vero. A) Al titolo del capitolo XIII è apposta una nota (p. 416, nuta 1), nella quale l’autore, dopo avere avvertito che 1 ’ Essai sur les hiéroglyphes gli era capitato tra mano soltanto dopo avere scritto gran parte della sezione prima della seconda parte del proprio libro, soggiunge eh’ egli era giunto da sé a considerare la scrittura primitiva come semplice pittura (eh’è una delle tesi fondamentali che il Warburton ha in comune col Vico), ma senza avere tentato ancora « de découvrir par quels proarès en étoit arrivé à l’invention des lettres » : cosa « parfaitement exécutée par M. Warburton > : ragione per cui (conclude) « j’ai extrait de son ouvrage tout ce que j’en dis, ou à peu près ». Altra nota analoga è apposta a principio del capitolo XIV (p. 426, nota 1), per avvertire che « la plus grande partie de ce chapitre est encore tirée de l’ Essai sur les hiéroglyphes ». Rimandi ancora più particolari al Warburton si fanno alle pagine 417 (nota 2), a proposito della divisione dei geroglifici, e 428 (nota 2) per richiamare 1’ attenzione sul parallelo warburtiano tra « l’apologue, la parabole, l’énigme, les figures et les métaphores d’ un còté, et les differentes espéces d’écriture de l’autre » : quel parallelo appunto eh’ è tra le coincidenze più notevoli tra il vescovo inglese e il filosofo napoletano. Per ultimo, lunghi brani del Warburton sono dal Condillac riferiti testualmente tra virgolette alle pagine 421-22, 422-23, 424-25, 428-29. B) Tra gli, a dire poco, trenta o quaranta concetti vichiani o vicheggianti disseminati nei capitoli I-XU della prima sezione della seconda parte dell’£ssai del Condillac, giova segnalare a titolo di saggio i nove che seguono. a) Per esternare i loro sentimenti, gli uomini primitivi cominciarono a usare istintivamente quel mezzo d’espressione che il Vico chiama <-• lingue mute » o « per atti muti » ( Opp lV, capov. 929 e cfr. capovv. 225-27), e il Condillac, sull’esempio del Warburton, « langage d’action », ossia i gesti (pp, 262-63). b) Dopo avere emesso alcuni « cris naturels », tutti monosillabici, quegli uomini presero altresì ad articolarli in vari toni, a ripeterli più volte e a illustrarli, per dire così, con « quelque geste, qui indiquoit les objets qu’ils vouloient faire remarquer » (p. 264). Proposizioni che richiamano alla mente i vichiani « atti muti aventi naturali rapporti all’idee », la fondamentale teoria della Scienza nuova che « le lingue debbon aver