Bibliografia Vichiana I
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CONDILLAC
par peindre les idées avec les iraages les plus sensibles, et qu’il étoit d’ailleurs extrémemente mesuré; mais le langage d’action s’abolit peu-a-peu, la voix se varia moins, le goùt pour les figures et les métaphores ... diminua insensiblement, et le style se rapprocha de notre prose » (p. 349). Proposizione la quale ripete non solo il fondamentale principio vichiano « che fu prima il parlar in verso e poi il parlar in prosa appo tutte le nazioni » (Opp ., IV, capov. 235), ma, pure con qualche variante, 1’ analisi molto più approfondita, con cui il Nostro aveva studiato il trapasso graduale dalla poesia alla prosa {Opp., IV, capovv. 225-35, 456-72, ecc.). C) Di vario genere poi le ragioni che, malgrado tutto ciò, inducono a supporre che il Condillac non sospettasse neppure d’essere stato preceduto tante volte dal Vico. Anzitutto non si riuscirebbe a intendere come mai il filosofo francese, onesto sino allo scrupolo nel citare non solamente il Warburton,* ma altresì il Locke, il Du Bos e tutte le altre sue fonti, divenisse a un tratto ladrone di strada maestra proprio nei riguardi della Scienza nuova. Inoltre, se, intorno all’origine, ossia alla natura del linguaggio, della scrittura e della poesia, molte idee vichiane tornano nel Condillac, ancora più sono le altre, a cominciare dalla dottrina dei caratteri poetici o universali fantastici, delle quali, sebbene strettamente connesse con quelle, nell’ autore dell’ Essai non v’è il più lontano sentore : indizio fortissimo, se non prova definitiva, che la Scienza nuova non fosse tra le sue fonti. Per ultimo, se le coincidenze tra VEssai e l’opera vichiana appariscono impressionanti quando, come qui, si distacchino dal loro contesto, codesta impressione resta più o meno attenuata quando si tenga presente 1’ Essai nella sua interezza. E invero, già in questo, come sempre più chiaramente nel Traile des systèmes (1749) e nel Traité des sensations (1754), il linguaggio, la poesia e, in genere, tutti quelli che noi chiamiamo « fatti spirituali », erano, pel Condiliac, materialisticamente, trasformazioni più o meno riflesse, cioè più o meno logiche, di sensazioni originarie : laddove l’idealistico Vico, nell’ unificare con ben altra sistematicità la poesia, la musica, il linguaggio, la scrittura e a volte la pittura, non solo fa, di esse, creazioni perenni e affatto alogiche dello spirito, ma le fa derivare tutte dal sorgere, nell’umana belva, del sentimento religioso e della conseguente coscienza morale {Opp., Ili, capov. 303). A ogni modo, un punto ormai bene assodato nella storia dell’ estetica è che il sensismo alla Condillac, alla guisa medesima che l’associazionismo alla David Hume, «si mostrò affatto impotente scrive il Croce a intendere la produttività estetica » ; e anzi, appunto perché dominata ancora dal sensualismo del Condillac, nemmeno ai principi del secolo decimonono la Francia fu in grado di rivendicare la spirituale attività dell’arte. Naturale, pertanto, che negl’ iterati tentativi di condillacchiani italiani d’ispirarsi, per sistemare fatti di natura estetica, anche alla Scienza nuova, questa, come mostra, tra altri, l’esempio del Pagano (v. più oltre, capitolo secondo, paragrafo 11, numero 17), finisse col restare loro, nell’essen-