Bibliografia Vichiana I

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ARIANI

scenza dell’ambiente in cui il filosofo visse i suoi primi cinquantacinque anni. Più volte, invece, notizie dei Nostro e giudizi su lui, che l’autore, figlio del biografato, teneva dal proprio padre (v. sopra pp. 15, 93, 193), sono riferiti nelle « Memorie della vita e degli scritti di Agostino Ariani, ecc. raccolte da Vincenzo Ariani, de’ baroni di Pietra Ferrazzana » (in Napoli, 1778, nella stamperia di Catello Longobardi). Così alla pagina 106, a proposito delle Pompe funerali per Caterina d’ Aragona, alle quali collaborò anche l’Ariani padre, si ricorda l’orazione correlativa del Vico (v. sopra pp. 93-94), il quale, si soggiunge, « benché giovane ancora, forse più di tutti a quel tempo intendeva la nobiltà e il genio della romana eloquenza». Così ancora, alla pagina 121, ricordandosi che Agostino Ariani insegnò privatamente geometria a Scipione Cigala di Tiriolo (v. sopra p. 99), s’informa che costui venne erudito nell’eloquenza e nella metafisica dal Nostro. Né basta. S’è visto sopra (pp. 176-77) ciò che 1’ Ariani figlio dice del salotto letterario di Domenico Caravita. Senonché alle pagine 168-69 egli racconta altresì che « indivisibili compagni » del padre, che con essi andava « a diporto, tenendogli spesso a desinare seco presso la villa di Mergellina, ov’ egli ne’ tempi migliori dell’ anno passava tranquillamente i suoi giorni », furono « Domenico Aulisio, Giovan Battista Vico, Domenico Gentile, Nicola Galizia, padre Arcangelo Ciccarelli, poi vescovo d’ Ugento ». E finalmente alle pagine 174-75, nel rammentare la strada di Mergellina, assai cara al padre, Vincenzo narra che, mentre egli scriveva, esistevano ancora quattro cipressi, « piantati colà da Agostino in compagnia del sacerdote don Gaetano Mari, già primario lettore di teologia e di canoni nella Regia Università, di Giovan Battista Vico e di Silverio Gestari ». Si noti inoltre che lo stesso Vincenzo Ariani tornò l’anno dopo sul Nostro nel Commentarium de claris iurisconsultis neapolitanis ac de iis praesertim qui superiore saeculo et hac nostra aetate floruerunt (Neapoli, 1779, typis Catelli Longobardi), pp. xli-xlvi, per porre in rilievo, tra l’altro, che « Vicus, intima philosophia omnique litterarum genere praestans, aeternum decus paravit sibi ac genti neapolitanae », per fornire ragguagli esterni sulle sue opere e per conchiudere, dopo un raccostamento del Nostro a Bacone (v. già sopra p. 270), che dalla Scienza nuova derivano « multa doctrinae miracula, quae transalpinis adaptare