Bibliografia Vichiana I

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ARIANI - CHIARIZIA

voluptate fuit, quaeque novis induta coloribus circumferunt ». Ch’è un insistere su ciò che già da allora si diceva a Napoli (cfr. sopra pp. 313 e 314), e si dirà poi sempre più, sulla geminazione dei concetti vichiani fuori d’ltalia. 5. 0. Chiarizia. Un particolare biografico ignoto a tutte le altre fonti si legge nel raro pamphlet anonimo dannane dai Campi Elisi (s. 1. a., ma Napoli, 1791), composto in senso curialistico, durante le fiere polemiche combattute in Napoli, soprattutto nel 1791, intorno alla prassi, divenuta ormai obbrobriosa pel Regno, di presentare ogni anno alla curia pontificia il cavallo bianco o chinea col relativo censo. Ma si conosce che autore di esso fu il domenicano Ottavio Chiarizia da Sepino (1729-1824), autore più tardi (Napoli, 1808) d" una sorta di romanzo filosofico intitolato Dieta filosofica. Al dire di lui (pp. 149-52), il Nostro e il suo vecchio amico Matteo Egizio, divenuti 1’ uno storiografo, 1’ altro bibliotecario del re Carlo di Borbone, avrebbero messo insieme, in collaborazione, il disegno d’ una nuova Storia di Napoli , « così compiuta e perfetta da non invidiare quelle di Erodoto, di Tucidide, di Senofonte, di Diodoro di Sicilia, di Livio e di tutti i più riputati che successivamente comparvero al mondo sin ad oggi ». « Sensatissimo », quel disegno sarebbe cominciato « dalle leggi, alle quali esser dee soggetto l’istorico, ridotte alle due di Cicerone ; —Ne quid falsi dicere audeat ; —Ne quid veri non audeat ». Vi si sarebbero « indicati i soggetti da scegliersi come degni di storia » ; « assegnati i confini tra la storia e la favola, il romanzo e la satira » ; « prescritti all’ istorico i suoi doveri ed accordati i suoi diritti ». Vi si sarebbe parlato « dei talenti che aver dee l’istorico, così ereditari come acquistati, e particolarmente della coscienza e della probità, con tutte l’altre virtù del cuore, che debbono accompagnarle ». Si sarebbero ricordati « alTistorico le occasioni nelle quali gli era vietato di scrivere », e proposti « gli ostacoli ch’esso sormontar dovea per non comparir parziale ». Si sarebbero richiesti da lui «la pazienza, il coraggio, la coscienza e tutte le altre doti per sostenere un travaglio aspro e noioso nella ricerca dei codici, nel copiarli, nel collazionarli, nell’emendarli e nel supplirli ». E il disegno si sarebbe chiuso con « molte giudiziose e savie osservazioni fatte sopra gli storici più valenti, e specialmente quelle di Angelo Poliziano su Svetonio ». Senonché sempre a dire del Chiarizia i due collaboratori, prima di accingersi a colorirlo, avrebbero mostrato quei loro disegno al comune amico Nicola Capasse, il quale, scórsolo, avrebbe osservato : « Siete stati prevenuti, amici miei, dal padre Rapin, che ha occupato la piazza prima di voi, giovandosi appunto de’ medesimi pensieri del Poliziano. Ma, quando ancor foste i primi e soli facitori del progetto », « qual frutto ve ne augurate ? Avete voi il fresco esempio di Pietro Giannone, che consumò tutta la sua vita su questo lavoro, che non mancò di talenti, che seppe a fondo tutte le leggi della storia, e non ignorò ì doveri e i diritti dello storico, che non perdonò a fatiche e a vigilie .