Bibliografia Vichiana I
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FILANGIERI
da parte del Filangieri, la più inaspettata rivendicazione di proprietà dell’idea o delle idee in questione. Per esempio, quando affermava, tra l’altro, che « i re di Roma furon tutti anche re delle cose sacre, reges sacrorum : onde poi, discacciati i re, il capo dei feciali fu chiamato coll’ istesso nome » ; e quando nel medesimo luogo soggiungeva che « noi troviamo gli avanzi dello stesso spirito nella consacrazione de’ re nella barbarie posteriore », che « Ugo Capeto si faceva chiamare ‘ conte ed abate di Parigi ’ » e che « il Paradino, Annali di Borgogna, rapporta antichissime scritture, nelle quali molti principi di Francia comunemente ‘conti ed abati’ o ‘duchi ed abati ’ s’intitolavano » : il Filangieri si contentava di tacere che, quasi con le medesime parole (e anche con lo stesso errore di fare del rex sacrificulus il capo dei feciali), tutte codeste cose erano state dette già cLI Vico. Cfr. Opp., IV, capov. 208, ov’è scritto che « gli re romani erano ancora re delle cose sacre, detti reges sacrorum : onde, cacciati gli re da Roma, per la certezza delle cerimonie divine ne creavano uno che si dicesse rex sacrorum, eh’ era il capo de’ feciali o sia degli araldi ». E cfr. ibid., capov. 1048, ov’è soggiunto che, nella barbarie seconda o medioevo, la Provvidenza « rimenò i tempi veramente divini » della barbarie prima, « ne’ quali gli re cattolici dappertutto » « consegravano le loro persone reali », e « presero dignitadi ecclesiastiche, come di Ugo Capeto narra Sinforiano Camperio, nella Geanologia de’ re di Francia, che s’intitolava ‘ conte ed abate di Parigi ’, e il Paradino, negli Annali della Borgogna, osservava antichissime scritture nelle quali i principi di Francia comunemente ‘ duchi ed abati ’ ovvero ‘ conti ed abati ’ s’intitolavano ». Ma sta pure in fatto che—dopo un riassunto non sempre precìso di ciò che il Vico aveva scritto del carattere aristocratico della rivoluzione attribuita al primo Bruto, delle clientele, del cosiddetto censo di Servio Tullio, delle XII Tavole, della rogazione canuleia, del primitivo populus romano composto di soli patrizi, del tempo in cui s’introdusse primamente nell’ Urbe il regime democratico, e via continuando nell’ elenco delle maggiori « discoverte » romanistiche della Scienza nuova il Filangieri non esita a conchiudere : « Io prego il lettore di riflettere su questa nota, che io non posso maggiormente estendere, e che mi costa una lunga meditazione ». Cioè quell’ « aspra e continova meditazione » di « ben venticinque anni », che le anzidette « discoverte », insieme con le altre s erano costate non a lui, Filangieri, ma al Vico. Né basta. Il protobiografo del Filangieri, ossia quel Donato Tommasi, sul quale torneremo nel numero 20, informa che il suo autore meditava di scrivere, terminata che avesse la Scienza della legislazione, una Nuova scienza delle scienze e una Istoria civile universale e perenne, proponendosi, nella prima, di « ridurre tutte le scienze a quegli ultimi e pochi generali principi, da’ quali derivano, come da fonte, tutte le serie di verità e di dottrine che concorrono a costituirle », e, nella seconda, di « sviluppare nell’ istorie particolari di tutte le nazioni l’istoria generale e costante dell’uomo, delle sue facoltà,