Bibliografia Vichiana I

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PAGANO

nuova è una luce offuscata da dense nubi » ; « i suoi pensieri son lampi nel fosco orrore di caliginosa notte» ; caligine e nubi che lui, Pagano, avrebbe dissipate, facendo appieno ciò che il suo grande predecessore avrebbe soltanto tentato, anzi soltanto additato che si dovesse fare. E invece, malgrado codeste e altre non rare censure vedere, per esempio, ciò che nel nono capitolo del primo saggio è scritto contro le « deboli ragioni », anzi « frivole congetture » del Vico « contra l’antichità e la sapienza orientale», il Pagano attinge a piene mani dalla Scienza nuova (a cominciare dal tema « de’ principi, de’ progressi e decadenze delle società »), mostrandosi, al pari del Duni e del Filangieri (v. sopra pp. 267-68 e 331-33), tutt’altro che scrupoloso nel discriminare ciò eh’ egli toglie da quella sua principale fonte, e eh’ è il più e il maggiormente importante, da ciò che gli appartiene in proprio, e che quasi sempre è o mera esornazione o addirittura contaminazione e corruzione. Le prove correlative si potrebbero addurre a decine, se non a centinaia : il che non essendo qui possibile, basterà, rimandando ad altri ragguagli che su questo punto recano il Cantoni e altri, allegare, a titolo di saggio, un esempio solo. Nel quadro vichiano delle origini della convivenza civile quadro tanto più possente in quanto disegnato con una sobrietà di linee edi colori affatto dantesca è dato, tra altri molti, il debito rilievo a questi cinque particolari : a) alle « donne selvagge, ritrose e schive », fuggenti innanzi agli uomini-bestie primitivi, i quali, per altro, ghermitele, sfogano su esse, al cospetto del cielo, la loro foia libidinosa ; b) ai medesimi uomini primitivi, ma dopo che il cielo fulminante, e da essi creduto Giove, ha suscitato in loro, insieme col terrore di quella da loro creduta divinità, anche un sentimento, parimente religioso, di pudore, e che pertanto, rifuggendo ormai dall’ usare la venere a cielo aperto, traggono le donne da ciascuno ghermite o rapite ciascuna sotto una grotta, ve la fermano perpetuamente mercé quella da loro fantasticata religione, e vengono, per tal modo, a istituire i matrimoni e, con questi, la famiglia, primo ceppo delle gentes, poi delle città, per ultimo degli Stati ; c) alla persistenza del costume di prendere la propria donna con la violenza, ossia con un ratto, anche in quello che il Nostro chiama « stato delle famiglie », ossia regime per famiglie isolate o patriarcato ; d) alla sopravvivenza, meramente formale, di quegli effettivi ratti originari in talune cerimonie nuziali anche di tempi colti ; e) alla conseguente formazione, come di quello del ratto delle sabine, così di altri miti similari. Orbene da nient’altro che da una ripetizione di codesti cin-