Bibliografia Vichiana I

350

d’holbach

« ne voyant pas dans la terre d’ agents assez puissants pour opérer les effets qui la troubloient d une facon si marquée, portèrent leurs regards inquiets et leurs yeux baignés de larmes vers le ciel, où il supposèrent que devoient résider des agents inconnus dont 1’ inimitié détruisoit ici bas leur félicité » (p. 297). « Nous ne jugeons jamais des objets que nous ignorons, que d’après ceux que nous sommes à portée de connoitre » (p. 299). « L’homme d’après lui-méme prete une volonté, de l’intelligence, du dessein, des projets, des passions, en un mot des qualités analogues aux siennes, à toute cause inconnue qu’il seni agir sur lui » {ibidem). « Le sauvage », ossia l’uomo primitivo, « n’est jamais qu’un enfant » (p. 300). La religione « fut toujours un système de conduite inventé par l’imagination et l’ignorance pour rendre favorables des puissances inconnues, auxquelles on supposa la nature soumise » (p. 302). « Toutes les fois qu’on nous dit que Dieu est l’auteur de quelque phénomène, cela signifie qu’on ignore comment un tei phénomène a pu s’opérer » (p. 303). «L’ homme se fait nécessairement le centre de la nature entière » (p. 305). E, senza continuare codesto elenco, che potrebbe essere proseguito per alcune pagine, giova piuttosto esibire, almeno parzialmente, l'altro dei passi vichiani a cui questi del D’Holbach fanno ripensare. « L’ uomo, per 1’ indiffinita natura della mente umana, ove questa si rovesci nell’ignoranza, egli fa sé regola dell’universo ( Opp ., IV, capov. 120). « Ove gli uomini delle cose lontane e non conosciute non possono fare niuna idea, le stimano dalle cose loro conosciute e presenti » (IV, 122). « Gli uomini ignoranti delle naturali cagioni che producon le cose, ove non le possono spiegar nemmeno per le cose simili, essi dànno alle cose la loro propia natura » (IV, 180). « La fìsica degl’ ignoranti è una volgar metafisica, con la quale rendono le cagion delle cose eh’ ignorano alla volontà di Dio » (IV, 182). « Una volta che gli uomini sono sorpresi da una spaventosa superstizione, a quella richiamano tutto ciò ch’essi immaginano, vedono e anche fanno » (IV, 183). « I primi uomini » furono « fanciulli del genere umano » (IV, 209). « Gli uomini le cose dubbie ovvero oscure, che lor appartengono, naturalmente interpretano secondo le loro nature e quindi uscite passioni e costumi » (IV, 220). « Nello stesso tempo ch’essi immaginavano le cagioni delle cose, che sentivano ed ammiravano, esser dèi», gli uomini primitivi «alle cose ammirate davano l’essere di sostanza dalla propia lor idea »: eh’è appunto la natura de’ fanciulli », i quali « osserviamo prendere tra mani cose inanimate e trastullarsi e favellarvi, come fusser, quelle, cose vive » (IV, 375). Dopo lo scoppio inaspettato del primo fulmine, taluni fra gli uomini primitivi, « spaventati ed attoniti dal grand’effetto di che non sapevano la cagione, alzarono gli occhi ed avvertirono il cielo » ; e, poiché « la