Bibliografia Vichiana I

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CONDORCET

si vedrà a suo luogo, anche nel periodo romantico verrà ripetuto più d’ima volta che al principio del secolo decimottavo il Vico aveva saputo fare compiutamente ciò che alla fine del medesimo secolo lo scrittore francese s’era contentato appena d’abbozzare. Con che, naturalmente, s’alludeva, di tra gli scritti del Condorcet, a WEsquisse d'un tableau historique de Vesprit humain , lavorato in quei mesi del 1793-94 nei quali l’autore si tenne nascosto in Parigi, pubblicato primamente poco dopo ia sua morte tragica, e tante volte ristampato poi. Per altro, chi scrive opina non solo che il Condorcet non conoscesse affatto la Scienza nuova , ma addirittura che, salvo in qualche particolare che per 1’ autore era d’interesse secondario, 1’ Esquisse evidente prosecuzione e ampliamento del Second discours del Turgot (v. sopra pp. 295-96), non abbia nulla di comune con l’opera vichiana. Di certo, come la Scienza nuova nelle sue parti storiche, anche VEsquisse è, a grandi linee, una storia della civiltà o della cultura. Ma, laddove il Vico si ferma quasi esclusivamente sul tempo oscuro e favoloso e sui secoli di ferro del medioevo, il Condorcet, delle dieci epoche in cui ripartisce l’opera sua, ne dedica una (ristampa di Genova, 1798, pp. 304-59) al « progrès future de l’esprit humain », ben sei, e le più ampie (pp. 74-303), al « progrès de Tesprit humain » dai tempi storici della Grecia alla rivoluzione francese, e soltanto tre, e le più brevi (pp. 28-73), al tempo oscuro e favoloso. E, eh’ è più, anche in codeste tre parti lo scrittore francese, prescindendo quasi del tutto .dall’uomo nello stato di natura e nello « stato delle famiglie », su cui il Nostro aveva fatto battere principalmente l’accento, considera rispettivamente gli uomini « réunis en peuplades », i « peuples pasteurs » e i « progrès des peuples agriculteurs jusqu’à 1’ invention de l’écriture alphabétique ». Pochi, dunque, i contatti, e più poche, in questi, le coincidenze. Quasi tutte, anzi, concernono le origini e i successivi sviluppi del linguaggio e della scrittura, cioè un argomento nel trattare il quale le medesime coincidenze col Nostro avevano presentate già il Condillac, il Rousseau e il De Brosses (v. sopra pp. 279-83, 297-301 e 306-308), nei quali, conseguentemente, e non nel Vico, sono, per questa parte, da vedere le fonti del Condorcet. Tanto più che anche quest’ultimo, a differenza del Vico e a simiglianza dei tre ora nominati, come considera il linguaggio e la scrittura formazioni meccaniche, in cui voci e geroglifici hanno valore di segni appiccicati ai concetti, così non sospetta neppure da lontano che voci e geroglifici siano invece spontanee e perenni creazioni delia fantasia. Che resta dunque? Soltanto l’affermazione che, per ricostruire la vita sociale dei tempi preistorici, giovano da un lato « les récits des voyageurs », che « nous montrent l’état de l’espèce humaine chez les peuples les moins civilisés », e, d’altro canto, le « observations sur le développement de nos facultés » (edizione citata, pp. 19-20) ; e, tutt’ al più, anche le altre proposizioni : che « une société de famille paroit natu-