Bibliografia Vichiana I

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CONDORCET - DE MAISTRE

relle à l’homme », che « une famille placée sur un sol qui ofiroit une subsistance facile a pu ensuite se multiplier et devenir une peuplade » e che « les peuplades qui auroient pour origine la réunion de plusieurs familles séparées, ont dù se forraer plus tard ». Concetti, al certo, che erano stati enunciati e applicati nella Scienza nuova ; ma che, dopo del Vico, erano divenuti quasi popolari in Francia attraverso il Rousseau e altri scrittori politici. Piuttosto, anziché a così scarse simiglianze generiche, è da conferire importanza all’assai diverso valore che, nelle rispettive storie della civiltà, i due assegnano al progresso. È un concetto, questo, al quale il Nostro non dà quasi alcun rilievo : tanto che, scrive il Croce, « la sua filosofìa, se procura l’alta visione del processo dello spirito übbidiente alla propria legge, ritiene, tuttavia, da questa mancanza di coscienza circa il progressivo arricchimento del reale, qualcosa di desolato e di triste ». Proprio l’opposto del Condorcet, il quale, pure intendendo il progresso nella guisa in cui lo concepivano gl’ illuministi, è, come già il Turgot, invasato a tale punto da quel concetto che, tanto nei titoli delle varie époques del suo libro quanto nell’interno di queste, la parola « progrès » è ripetuta con la stessa frequenza che nella Scienza nuova « eroe » e derivati. Basti dire, per citare due esempi soli, ch’egli comincia la sua trattazione con lo stabilire che, data la perfettibilità indefinita dell’ uomo, « les progrès de cette perfectibilité n’ ont d’autre terme que la durée du globe où la nature nous a jetés » (p. 12) ; e la conchiude col mostrare una fede così assoluta in quello che nell’avvenire sarà il progresso di tutte le scienze e, tra queste, della medicina, da asserire che l’uomo, al certo, «ne deviendra pas immortel », ma crescerà tuttavia «sans cesse», sino a un limite che nessuno può provvedere, « la distance entre le moment où il commence à vivre et l’époque commune où naturellement, sans maladie, sans accident, il éprouve la difficulté d’étre » (pp. 356 sgg.). Del Croce cfr. la Filosofia di G. B. Vico 3 , p. 137. 7. G. de Maistre. —La grande importanza data in questi ultimi anni al teocratico e reazionario Giuseppe de Maistre (1751-1822) ha indotto un italiano americanizzato, ossia il già mentovato signor Elio Gianturco (v. p. 59), a pubblicare addirittura un volume sul De Maistre e il Vico. Ma già nel 1836 Michele Parma aveva posto in rilievo che nella più volte citata lettera alì’Esteban del 1729 il Nostro aveva accennato a un’idea