Bibliografia Vichiana I

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DE MAISTRE

propugnata poi dal De Maistre nel postumo Examen de la philosophis de Bacon, e cioè che « il metodo preparativo a ciò che ancora non si conosce sterilisca e sfrutti la mente umana ». Intorno al 1860 Tullio Massarani aveva osservato che tra i « primi ad imbattersi in qualche modo nel pensiero del Vico furono inconsciamente » « i zelatori del passato, i quali, come Bonald e De Maistre, ponendo nell’ unità teocratica e nell’ immobilità delle caste gli elementi della potenza, risalirono la serie dei tempi per ricercarvi V arcanum imperii, e videro l’alternativa di periodi organici e periodi critici nell’istoria». E nel 1877 il L’Espinas, positivistizzando così il Vico come il De Maistre, aveva affermato che il secondo aveva tolto dal primo « 1’ idée mère d’ ime théorie positive de la Science sociologique ». E Adolfo Franck aveva asserito (si vedrà poi con quanto fondamento) che la fosca descrizione esibita dal Vico della vita sociale dopo il Diluvio differisce poco da quella che il De Maistre, « probablement après avoir !u Vico, et sans le nommer, peint à notre imagination dans les Soirées de Saint-Pétersbourg » pubblicate nel 1821. E Benedetto Croce, dopo avere osservato che già nel secolo decimottavo, posteriormente al Vico, sfiorano in qualche modo lo storicismo persino le teorie del De Maistre e dello Haller, « odiatori della ragione e ligi alle credenze religiose tradizionali», conchiude tuttavia che né l’uno né l’altro meritano il nome di « storicisti » per la capitale ragione che « lo storicismo ha assimilato e convertito in succo e sangue 1’ illuminismo (come il Vico riceveva in sé Cartesio e, col combatterlo, lo approfondiva), laddove quegli autori o non lo avevano in nessun modo accolto o presto lo avevano ributtato ». Senonché cosa a cui importa dare qui maggiore rilievo una quindicina d’anni innanzi, lo stesso Croce aveva richiamato l’attenzione sul fatto che nelle Considérations sur la Franco, che sono del 1795, il De Maistre non solo fa suo il concetto vichiano che, «si la noblesse abjure les dogmes nationaux, l’Etat est perdu », ma aggiunge a sostegno una nota (ristampa di Lione e Parigi, Pélagaud, 1857, p. 177), nella quale : a) ricorda che, secondo il Vico, « la noblesse est gardienne naturelle et comme dépositaire de la religion nationale », e « ce caractère est plus frappant à mesure qu’on s’élève vers l’origine des nations » ; ò) asserisce, riecheggiando ciò che il Mostro aveva osser-