Bibliografia Vichiana I

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DE MAISTRE

Che anzi, secondo il De Maistre, « 1’ état de civilisation et de Science dans un certain sens est Fétat naturel et primitif de Fhomme » (I, 98): ragione per cui la tradizione greca avrebbe avuto perfettamente ragione di porre prima tra le età del mondo quella dell’ oro (I, 99) ; età che, per Fautore, fu quella antidiluviana. Meglio ancora, ossia ancora più antivichianamente : « non seulement les hommes ont commencé par la Science, mais par une Science différente de la nótre et supérieure à la nótre, parce qu’elle commengait plus haut, ce qui la rendait méme très dangereuse » (I, 90), nel senso che dava loro modo di prevaricare contro Dio in misura più ampia di quella che sapremmo noi. E in tale misura più ampia prevaricarono in effetti : donde quella terribile punizione divina che il Diluvio fu per tutto il genere umano, salvo per Noè e la sua famiglia, nella quale « ces connaissances, dégagées du mal qui les avait rendues funestes, survécurent » (1, 87). Senonché soggiunge il De Maistre tra i vari prìncipi dei tanti popoli derivati da Sem, Cam e lafet alcuni alterarono, nelFàmbito dei paesi loro soggetti, il principio morale con altre sia pure minori prevaricazioni, che Dio punì col fare via via di quei popoli non già dei barbari sorta di media proporzionale « entre F homme civilisé et le sauvage » (I, 104) ma «ce que nous appelons des sauvages »: « dernier degré d’abrutissement que Rousseau et ses pareils appellent F ‘ état de nature’» (I, 99-100). Tuttavia, pure fra tante diversità e antinomie, non è da escludere (e a ciò forse alludeva il Franck) che, nel fare dello stato selvaggio una punizione postdiluviana inflitta da Dio ad alcuni popoli, il De Maistre ponesse a profitto anche qualche vaga reminiscenza della sua lettura giovanile della Scienza nuova. Opposta del pari alla concezione vichiana è quella dello scrittore savoiardo sull’ origine delle lingue. Basti dire che, per lui, il linguaggio è prodotto spirituale tanto più logico in quanto « les langues ont commencé, mais la parole jamais, et pas méme avec 1’ homme », dal momento eh’essa « n’est pas possible que par le Verbe (I, 105 e 120): con che, come tutti vedono, egli fa dell’attività espressiva quel « ritruovato divino » che il Nostro aveva recisamente negato ( Opp ., IV, capov. 429 e cfr. sopra p. 298). Senonché, malgrado codesta antinomia nella concezione generale, non mancano frequenti coincidenze o analogie nelle osservazioni particolari. Per esempio : « nulle langue n’a pu étre inventée ni par un homme qui n’aurait pu se faire obéir, ni par plusieurs qui n’auraient pu s’entendre » (I, 105). lorsqu’ils ne connaissaient encore que la guerre et le labourage, imaginèrent d’ exprimer par le méme mot l’idée de la prióre et celle du supplice? qui leur enseigna d’appeler la fièvre la ‘purificatrice’ ou 1’ ‘ expiatrice ’? » (I, 108-109). «Ce que je puis vous assurer, car rien n’est plus clair, c’est le prodigieux talent des peuples enfants pour former les mots, et Fincapacité absolue des philosophes pour le méme objet» (I, 110). —Naturalmente, codesta osservazione avrebbe dovuto condurre anche il De Maistre, come già il Vico, a negare precisamente il carattere filosofico o logico o riflessivo del linguaggio e ad asserire quello fantastico o poetico o intuitivo. Ma, pure non giungendo a tanto, anzi pure riaffermando la perfetta logicità dell’attività espressiva, lo scrittore savoiardo soggiunge quest’altra osservazione assai vicheggiante : « A mesure qu’on s’élève vers ces temps d’ignorance et de barbarie qui virent