Bibliografia Vichiana I

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HEKDER

soluzioni già approfondite e, ch’è più, composte unitariamente a sistema dal Nostro. Così, per esempio, in Kaligone osservò che « il principio del discorrere umano in toni, in gesti, nell’espressione delle sensazioni e dei pensieri per mezzo d’ immagini e di segni, non potè essere altro che una rozza poesia, e tale è presso tutti i popoli selvaggi della terra » ; che l’uomo di natura « dipinge ciò eh’ egli vede e come lo vede, vivo, potente, mostruoso », e « nel disordine o nell’ordine com’egli Io vede, lo riproduce » ; che, quali i s,ensi offrono le immagini, « tali le espone il poeta, in ispecie Omero, il quale, per ciò che concerne il sorgere e il trapassare delle immagini, segue la natura in modo quasi inarrivabile » ; che non diletto o piacere ma necessità ha dato origine alla poesia, onde « gli dèi di Omero erano così essenziali e indispensabili al suo mondo come al mondo dei corpi le forze del movimento », e, analogamente, « al severo Dante i suoi circoli dell’ Inferno e del Paradiso »; che l’arte, « modificatrice, ordinatrice e formatrice della fantasia e di tutte le forze dell’uomo, non solo generò la storia, ma, prima ancora, creò forme di dèi e di eroi e purificò le selvagge rappresentazioni e le favole del popolo, titani, mostri, gorgoni, riducendo in confini e sotto leggi la disordinata fantasia di uomini ignoranti, che non trova mai termine e modo » ; e così continuando in altri concetti affini. 1 quali tutti, a chi abbia pratica della Scienza nuova , appariranno riecheggiamenti contesti bensì di parole più brillanti e più accessibili a lettori moderni, ma modulati in tono molto minore di concetti vichiani, quanto più profondi, altrettanto prendenti spesso corpo, miticamente, in figurazioni degne, per possanza, d’un Dante o d’un Michelangelo : la priorità ideale della fantasia sull’ intelletto ; l’indole totalmente fantastica del linguaggio ; la comune origine e quindi l’identità di natura del linguaggio e della poesia ; la preponderanza, nell’uomo primitivo e nei selvaggi odierni, dei sensi, delle passioni e della fantasia, cioè dell’arazionale; l’eternità della poesia, non venuta sù in tempi colti per abbellimento e diletto, bensì sorta spontaneamente, e, alla guisa medesima delle arti figurative e della scrittura, per necessità di esprimersi, proprio presso quei primitivi o « bestioni > ; la caratterizzazione di Omero e di Dante ; e si potrebbe proseguire per un pezzo. Naturale, dunque, che nell’età romantica, quando concetti del genere entrarono nel patrimonio comune della cultura europea, il parallelo tra il Vico e lo Harder divenisse, come si vedrà a suo luogo, di prammatica. E naturale altresì che, salvo poche eccezioni, determinate in qualche tedesco da preconcetti nazionalistici e in qualche italiano dalla paura di sembrarne affetto, non vi fosse chi non riconoscesse la grande superiorità del filosofo napoletano sul pubblicista prussiano. Senonché sta pure in fatto che, nel discettare di estetica, linguistica e critica letteraria, lo Herder, pure citando altri suoi predecessori (per esempio il Du Bos, il Goguet e il Condillac),