Bibliografia Vichiana I

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HERDER

non ricorda mai il Vico, anche quando rimandare alla Scienza nuova sarebbe stato non meno ovvio che doveroso. Per esempio, allorché nel 1795 lesse i Prolegomena ad Homerum del Wolf, scriveva allo Heyne che, quanto alla tesi fondamentale del libro. « dal Blackwell e dal Wood in poi quasi nessuno ha dubitato di ciò», e che «i passi degli antichi sono troppo chiari e la storia degli aedi troppo nota » perché il Wolf avesse il diritto di esibire cose siffatte « come un nullo dictum ore prius ». Sarebbe stata questa l’occasione buona per rinviare anche e principalmente alla Discoverta del vero Omero, e perché anteriore ai libri del Blackwell e del Wood e perché assai più rivoluzionaria di questi. Ma fatto sta che, come nei luoghi di Kaligone riferiti or ora, così anche in codesta lettera allo Heyne la Scienza nuova è taciuta del tutto. Né è a credere che, mentre protestava contro i Prolegomena volfiani, lo Herder, come allora quasi tutti in Germania, ignorasse l’esistenza del Vico. Per contrario, la conosceva per lo meno dal 1777, data della lettera dello Hamann trascritta sopra (p. 365). Senza dire che gli si era dovuto discorrere della Scienza nuova durante la sua breve dimora napoletana del gennaio-febbraio 1789 : quella dimora a proposito della quale confessava d’ avere in otto giorni guadagnato, per la sua filosofia della storia, più che in tre o quattro mesi in Roma, tanto diversi erano nella prima città uomini di studio e libri. A dire il vero, quest’ultima confessione potrebbe quasi bastare da sola a fare escludere nello Herder un malinteso amor proprio che. come accadde poi al Niebuhr (v. più oltre, sezione terza, capitolo secondo, paragrafo 11, numero 4), avrebbe potuto indurlo a nascondere d’essere stato precorso dal filosofo napoletano. Per altro, a dare la sicurezza assoluta che in lui non allignasse un sentimento siffatto, e a far pensare, invece, che non avesse letto del Nostro se non 1’ Autobiografia o avesse sfogliato la Scienza nuova con frettolosità così disattenta da precludersene quasi ogni intelligenza, vale l’altro fatto che l’autore di questa viene non solo mentovato ma altamente elogiato, sebbene in quel modo generico paculiare a chi lodi qualcuno senza conoscerlo troppo, nella decima serie (1797) dei Briefe zur Beforderung der Humanitàt e in un breve fervorino di commiato rivolto ai discepoli, pare nel 1800, al termine degli esami. In codesto secondo passo non si osserva altro del Vico se non che la triade « nosse, velie, posse » era