Bibliografia Vichiana I

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MERIAN • CESAROTTI

tróne, volume relativo agli anni 1788-89 (Berlino, 1793), pp. 513-44. Del Cesarotti v. Opere , ediz. appresso cit., voi. X, parte I, pp. 188-219. Del Nicolini, Vico e Merian, nelle Divagazioni omeriche citate più oltre, pp. 95-112 : cfr. anche pp. 81-84. Del Perrotta, lo studio citato più oltre, pp. 53-54. Del Wolf, Prolegomena , edizionale originale pp. 40-41, nota 8. 6. Cesarotti. Come s’è visto (pp. 203 e 331), il Cuoco poneva il padovano Melchiorre Cesarotti (1730-1808) tra coloro ai quali era stato attribuito quel tal quale risveglio di studi vichiani avutosi alla fine del secolo decimottavo, in quanto soggiungeva il Cesarotti appunto aveva « mostrato di qual uso i principi della filosofia di Vico potevano essere anche nella bella letteratura». E certamente, che il Cesarotti conoscesse la Scienza nuova sin da quando nel 1763 si diè a tradurre e illustrare lo pseudo Ossian e ad avvalorare, anche con la propria autorità, la mistificazione del Macpherson, appare da talune delle annotazioni aggiunte da lui al Fingai dell'immaginario bardo gaelico. Per esempio, egli trovava che nella selvatichezza di Svarano il Vico avrebbe riconosciuto « con piacere que’ primi polifemi che, secondo Platope, erano i capi di famiglia nella natura selvaggia e vivevano nelle loro grotte, ricusando qualunque commercio e società ». Analogamente, una sentenza, a suo dire unica, che ricorrerebbe nel presunto Ossian, gli suggerisce l’osservazione che « gli uomini rozzi ed appassionati singolarizzano e parlano per sentimenti », e che, « se questa è la qualità più essenziale del vero linguaggio poetico, come vuole il Vico, Ossian è più gran poeta d’ogni altro ». Derivato direttamente dal Nostro che, per altro, questa volta non è citato, è altresì il parallelo tra gli odierni corpi umani « nati da germi viziati, ristretti dal primo lor nascimento tra mille nodi, cresciuti all’ombra e nell’inazione, custoditi con mille dannose riserve e guasti interamente dalla mollezza», e «la vasta corporatura » degli uomini primitivi, « nati tra i boschi, che avevano per vestito le carni, per letto la terra, per tetto il cielo, indurati al sole, al ghiaccio, a tutte le inclemenze dell’ aria, ed affaticati continuamente in esercizi di guerra, ove tutto si decide con la forza ». E si potrebbe forse aggiungere qualche altro esempio. Per passare ad altri scritti cesarottiani, « vividamente moderno », « tale da preludere alle teorie romantiche e in alcuni casi accompagnarle » e, per codeste ragioni, « ancor oggi