Bibliografia Vichiana I

391

CESAROTTI

un’opera vitale », è stato definito testé dal Flora il Saggio sulla filosofia delle lingue. Senonché chiunque abbia familiarità con le degniti vichiane può indicare senza fatica a quale fonte non citata attingesse il Cesarotti quando (soggiunge il Flora), con « idee limpidissime sulla natura inventiva del linguaggio e sul suo rapporto con la storia stessa della civiltà » vale a dire appropriandosi i principi fondamentali della linguistica vichiana, si faceva a sostenere, e non senza annacquare alquanto il per lui troppo forte vino vichiano, che tutte le lingue « nascono allo stesso modo, cominciano rozze e meschine, procedono con li stessi metodi nella formazione e propagazione dei vocaboli »; che « niuna lingua fu mai formata sopra un piano precedente, ma tutte nacquero o da un istinto ben regolato o da un accozzamento fortuito »; che « niuna lingua fu mai formata per privata o pubblica autorità, ma per libero e non espresso consenso del maggior numero », e così via. Tracce di letture vichiane sarebbe facile additare anche in altre ancora delle opere cesarottiane, a cominciare dal Saggio sulla filosofia del gusto. Notevoli così l’apologo su La pioggia d'oro , in cui si scorgono derivazioni dai canoni mitologici della Scienza nuova , come un breve carteggio di due sole lettere scambiate nel 1787 con l’abate Ferdinando Galiani, dopo che, in una breve dimora padovana di quest'ultimo, il Cesarotti ebbe discorso chissà quante volte con lui d’Omero e del Vico. Inoltre, nel ringraziare il Cuoco per l’invio del Platone in Italia e lodarne l’autore quale « degno concittadino ed alunno del nostro Vico», l’abate padovano soggiungeva (29 giugno 1804) : « ch’io venero come un genio originale e professore d’alta sapienza». Che più? Presa dalla Scienza nuova è persino l’allegoria pittorica «Il mondo civilizzato dalla poesia », suggerita dal Cesarotti pel sipario d’un teatro di Padova. Senonché l’opera, a cui il letterato padovano deve un posto cospicuo nella storia del vichismo è il Ragionamento storicocritico su Omero, premesso nel 1787 alla sua traduzione in prosa deWlliade : quel Ragionamento col quale una parte almeno delle teorie omeriche del Nostro entrò finalmente nella respublica litteratorum col nome del loro autore. Una parte, giacché il Cesarotti richiamò l’attenzione degli studiosi non, a dire il vero, sulla genialità del giudizio estetico del Vico sul poeta sovrano, e nemmeno sul profitto immenso che la Scienza nuova ave va tratto dall’ lliade e dall’Odissea per la ricostruzione della