Bibliografia Vichiana I

WOLF

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teva essere altrimente. Già ai tempi dell’imperante filologismo, un erudito tedesco, Luigi Erhardt, ammetteva che «il Vico era un cervello molto più filosofico del Wolf, laddove il secondo superava il primo per acume critico e preparazione filologica». Senonché da codesta giusta osservazione l’Erhard, da buon positivista, cavava l’illazione, mostrata poi falsa dai fatti : che al Wolf « era dato esercitare efficacia profonda e duratura », laddove le idee vicinane « poterono trovare seria considerazione soltanto dopo che poggiarono sopra un solido fondamento attraverso la critica volfiaua ». È da dire, invece, che la mancanza d’adeguata preparazione filosofica e del congiunto interessamento per questioni teoriche fece supporre all’autore dei Prolegomena di potere affrontare ex abrupto la lettura del terzo libro del capolavoro vichiano, e conseguentemente secondo sospettò già il Mùller nella prefazione alla sua traduzione tedesca del De uno (pp. 6-7) e, del resto, confessa implicitamente il Wolf medesimo, di potere ridurre a uno scorrere con l’occhio il solo indice dei capitoli (e, comò ovvio, comprendendovi poco o nulla) quello che sarebbe dovuto essere studio accuratissimo per lo meno del lungo e difficile secondo libro : quel libro appunto nel quale 1’ autore, come svolge la sua nuovissima teoria estetica, così ricostituisce la mentalità, gli usi, i costumi, la vita intera, insomma, delle società eroiche, e che, per 1’ una ragione e per l’altra, costituisce del terzo libro, giusta l’esplicita avvertenza del Vico, proprio quel fondamento solidissimo che allo Erhardt parve mancare. Anche al Wolf, dunque, come, in tempi più recenti, all Olivieri, al Perrotta e ad altri meri filologi, che, nel farsi a esporre le dottrine omeriche del Vico, si sono ispirati a criteri esclusivamente filologici, capitò di trascurare del tutto ciò che in esse è veramente grande e vitale, e d’indugiarsi su osservazioni d’importanza più o meno secondaria e di vitalità più o meno fiacca. Pertanto non disse verbo della rivoluzione apportata dal Nostro nella considerazione estetica di Omero, ossia in quel tale studio sulla sua personalità poetica, nel quale, come s’ è osservato a proposito dello Herder (pp. 367-68), il Vico aveva precorso la più affinata critica letteraria dell’età romantica ; sorvolò del pari sull’ altra grande scoperta vichiana relativa al valore d’inestimabili « tesori » documentari che per la storia del tempo oscuro e favoloso sono 1’ uno e l’altro