Bibliografia Vichiana I

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TKOYA ■ BORSELLI

gende della Saga e dell’ Edda » s’ anteponessero, quali documenti storici, alle tradizioni serbate da Erodoto : con che con trastava alle grandi speranze riposte dal Vico nella luce che sarebbe sgorgata dallo studio delle antichità germaniche. E anche lui, alla guisa del Grandi, del Romano, del Lami, del Ventimiglia e di altri meri eruditi settecenteschi (v. sopra pp. 207-208, 233-35, 246-48, 341-42), non accoglieva le teorie vichiane sulla genesi delle Dodici Tavole, e preferiva restare abbarbicato al racconto di Livio. Sul Gatti, Ulloa, Pensées et souvenirs , I, 115 e 329, e l’ampia biografia 3i lui inserita da Giuseppe Gigli negli Scrittori manduriani, 2 a edizione (Manduria. 1896), pp. 191-228.-Sul Sanchez, oltre il Poli, supplementi al Tennemann, seconda edizione citala più oltre, IV, 699, e 1’ Ulloa, 11, 340, sono da vedere le Carle D’Ayala, serbate nella Biblioteca della Società napoletana di storia patria. Del Cagnazzi vedere le memorie autobiografiche pubblicate da Alessandro Cutolo (Milano, Hoepli, 1944). Cfr. anche Croce, Storiografia italiana nel secolo decimonono, I, 115. Sul Colletta, la Bibliografia colleltiana di Nino Cortese (Napoli, 1917) e le correlative Aggiunte (ivi, 1921). La sua lettera al Poerio sta nelle Lettere a G. Poerio , ediz. Croce, ne\VArchivio storico per le provinole napoletane, XXXV (1908), p. 508. —Sul Troya, v. Giuseppe del Giudice, Carlo Troya (Napoli, 1899) ; Gaetano Trivisano, negli Storici moderni (Milano, 1865), p. 285; e segnatamente Croce, Storiografia citata, I, 42 e 59-60, Pei passi di lui ai quali si allude cfr. lettera al Pepe, in Del Giudice, op. cit., pp. 144-45 ; lettera al Balbo del 31 gennaio 1833, in Lettere al Balbo, ediz. Mandarini (Napoli, 1869), p. 121 ; e cfr. ibid., pp. 116-17, l’altra lettera del 2 gennaio 1832; nonché Storia d’ltalia nel medioevo (Napoli, 1839 e anni seguenti), 1, parte IV, pp. 342 e 67 ; 1, parte 1, p. 181; 1, parte IV, p. 99. 12. P. Borrelli. Buon conoscitore del Vico fu Pasquale Borrelli da Tornareccio in Abruzzo (1782-1849), uno dei presidenti del Parlamento napoletano del 1820 e perciò esule alcuni anni a Firenze. Può darsi che anche a lui, come allora a tanti, fosse familiare più il Liber metaphysicus che non la Scienza nuova. Certo è che dal Vico egli tolse 1’ uso di servirsi con grande frequenza delle etimologie non solo come di documenti storici, ma altresì come di « pruove » di questo o quel filosofema. Sola differenza : che il Vico non s’avvaleva se non della lingua latina, e molto più di rado dell’ italiana ; laddove il Borrelli poneva a profitto anche e soprattutto la sua buona conoscenza dell’arabo, del tedesco, dell’ebraico e segnatamente del greco antico. Ciò si scorge già nei suoi primi lavori filosofici : V Introduzione alla filosofia naturale del pensiero (Lu-