Bibliografia Vichiana I

KOTZEBUE - NIEBUHR - ORELU

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gli si vorrà gridare la croce addosso per quel «certo Vico», dal momento che in Germania, nel 1805, quel nome riusciva ancora ignoto alla maggior parte degli stessi filosofi e filologi di professione. Il Cuoco, invece, s’inferocì in tale misura che, pure avendo pel passato difeso il Kotzebue dagli attacchi di un gazzettiere francese, volle questa volta, col titolo « La malattia di Kotzebue, estratto da una lettera di Berlino », ein ben due articoli (20-21 agosto 4805), esibire ai lettori del Giornale italiano un’acre satira delle Erinnerungen. Nella quale, senza nominare punto il Vico, finge che « il signor Augusto di Kotzebue, dopo avere scritta una buona e moltissime cattive commedie, dopo aver tentato alcune cattivissime tragedie, dopo aver celebrato le esequie a tre mogli ed averne sposata una quarta », ecc. ecc., era stato « attaccato da malattia in quell’organo che Gali chiama ‘ del giudizio ’ ». Gir. Cuoco, Scritti vari , 1, 243-44, 235, 192-95. 4. B. G. Niebuhr, G. G. degli Orelli e, per digressione, A. Bockh.—Molto rimaneggiati nelle successive edizioni curate dell’autore, e seguiti nel 1832 da un terzo volume postumo, nonché, negli anni successivi, dalla pubblicazione di taluni corsi tenuti dopo il 1823 nell’Università di Bonn, i due primi volumi della Romische Geschichte di Bartoldo Giorgio Niebuhr da Copenaghen (1776-1831) comparvero primamente nel 1811-12. E poiché, pure con maggiore precisione e ricchezza d’ erudizione, tanto nella demolizione della storiografia tradizionale di Roma antica, quanto in talune linee generali della nuova ricostruzione critica sostituita a quella, essi presentano molti punti di contatto con le divinatrici « discoverte » romanistiche del Vico, era impossibile che. prima o poi. non sorgesse una questione analoga a quella originata dall’ Esprit des lois del Montesquieu e dai Prolegomeni del Wolf (v. sopra pp. 283 sgg. e 395 sgg.) : se, cioè, il Niebuhr avesse attinto alla Scienza nuova senza citarla. Primo a porla fu, che si sappia, il dotto epigrafista Giovan Gaspare Degli Orelli da Zurigo (1787-1849), nel quale, secondo informa il Bachofen, era grande il « terrae Italiae scientiaeque italicae amor», e ai cui consigli, incoraggiamenti e aiuti il Weber confesserà nel 1822 d’avere dovuto l’idea e poi 1’ attuazione della sua traduzione commentata della maggiore opera vichiana (v. sopra p. 54 e cfr. qui appresso, in