Bibliografia Vichiana I

504

QUELLI • NIEBUHR

questo stesso paragrafo, il numero 6). E invero 1’ Creili, che già nella Leipziger Literaturzeitung del 18 gennaio 1813 aveva consacrato un articolo al Vico, ne pubblicava, nello Schweizerische Museum di Aarau, I (1816), pp. 184 sgg., un secondo, consacrato in modo più particolare ai rapporti ideali tra il filosofo napoletano e lo storico danese. E l’uno e l’altro scritto non sono privi d’importanza per la storia della fortuna del Nostro, come quelli nei quali l’autore non si contentò di notare coincidenze tra il Vico e il Niebuhr e di conchiudere, ciò non ostante, che molto probabilmente 1’ opera del primo era ignota al secondo ; ma tenne soprattutto a presentare l’autore della Scienza nuova come uno dei più profondi filosofi italiani, a protestare contro la qualifica di « saltellante ragionatore » affibbiatagli dal Wolf (v. sopra p. 398), e a porre in rilievo che le vedute del Nostro sulla storia romana sono « ancora più profonde dei suoi geniali sogni su Omero ». L’Orelli, divenuto poi noto in tutta Europa per la sua In. scriptionum latinorum selecta amplissima collectio (1828-30), era tenuto sin da allora in grande estimazione per (scrive l’ora nominato Bachofen) 1’ « indefessus labor », con cui « semper » aveva promosso «studia nostra». Pare, dunque, che codeste sue considerazioni suscitassero qualche dibattito anche in Germania e che sulla questione Vico-Niebuhr tornassero i Litterarische Analekte (18S7-19), che chi scrive, per altro, non è riuscito a vedere. Certo è che l’anzidetto Weber, dopo avere durato 1’ improbus labor di tradurre e annotare il capolavoro vichiano, quando poi, a fatica terminata, vi premise un Vorwort, lungi dal commendare l’opera, a nulla tenne più quanto a discreditarla, asserendola ormai presso che inutile dopo i lavori del Wolf e del Niebuhr (come se nella Scienza nuova fossero trattate soltanto la cosiddetta questione omerica e la storia romana!). Al Weber, quindi, spetta il vanto non lusinghiero d’essere stato il primo a discorrere della cosiddetta « inutilità » delle premature « discoverte » vichiane, di qualunque genere esse siano, cioè d’avere fatto risuonare un motivo che tornerà di frequente nella meno fine letteratura critica intorno al Nostro, e in modo più particolare in quella tedesca. Anzi egli fu assillato a tale punto dal timore che l’originalità dei due studiosi germanici avesse a soffrire qualche incrinatura, che, pure non negando al filosofo italiano ingegno e studi, pose il maggiore impegno a farlo apparire meno che