Bibliografia Vichiana I

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Nirrnma

mentre il Leopardi, « giovanissimo ancora, abitava in Roma una riposta casetta, Niebuhr lo scoperse e lo visitò e predicò poscia a tutta la Germania ; ma Giacomo, già da lunga pezza addolorato del tristo silenzio del visitante » sul Vico, « si fece cuore a nominargli il gran padre, e n’ebbe un silenzio ancora più tristo, perché inspirato dal sentimento ineffàbile che dovette a quel punto flagellare il gran figliuolo ». La verità è, invece, che nei due passi delia Zibaldone, in cui accenna a due teorie del «nuovo Scaligero» e «nuovo Leibniz», secondo egli qualificava lo storico danese, il Leopardi non ricorda neppure lontanamente il Vico, sebbene proprio in quelle due teorie i precorrimenti vichiani si tocchino con inano. Di queste una è quella in cui, per ripetere le parole del Leopardi, il Niebuhr « conclude contro l’unità d’origine dei linguaggi umani » ; e non solo la poligenesi del linguaggio è uno dei capisaldi della Scienza nuova, ma appunto a causa di essa il Romano, il Finetti e altri critici cattolici avevano, come s’è veduto (pp. 235, 264-66, ecc.), accumulato contro il Vico una piccola letteratura. Nell’altro luogo poi il Leopardi pone in rilievo che da certe sue osservazioni su un passo di Agatarchide comparato con « la storiella di Muzio Scevola si può dedurre che una delle principali fonti del favoloso, trovato massimamente dal Niebuhr nella storia romana de’ primi tempi, sia l’avere i primi storici romani, seguiti poi dagli altri, copiato, nella narrazione delle origini e dei tempi oscuri di Roma, le storie o le favole de’ greci mutando i nomi »: al quale altro proposito innumeri luoghi della Scienza nuova seconda s’affollano alla memoria, a cominciare dalla degnità xxi ( Opp ., IV, capov. 138), nella quale si preannunzia che nel corso dell’opera « la storia eroica (romana), che si stende da Romolo fino alle leggi Publilia e Petelia, si truoverà una perpetua mitologia storica dell’età degli eroi di Grecia ». Che il Vico più e meglio di qualunque altro studioso moderno avesse visto chiaro nella religione, nella storia politica e nel diritto di Roma dei primi secoli e che, appunto perciò, il Niebuhr non avesse fatto se non dare prosecuzione e sviluppo ai precorrimenti della Scienza nuova, è opinione manifestata dal Lerminier nello scritto mentovato più oltre (sezione quarta, capitolo primo, paragrafo 11, numero 1) e, prima di lui, già in qualche modo dal Ballanche (v. sopra pp. 488 sgg.), al quale, del resto, il Lerminier rimanda. E sulle coincidenze tra