Bibliografia Vichiana II

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MICHELET

matières ». E, in effetti, da talune lettere inviategli dal De Angelis nell’agosto-ottobre 1826, ossia negli ultimi tempi del soggiorno di quest’ultimo in Francia (v. in questo stesso capitolo il paragrafo Vili), appare anzitutto che l’esule napoletano, dimorante allora non più a Parigi ma a Saint-Maur, oltre che porre a disposizione del suo confratello in vichismo tutti i libri che aveva presso di sé, s’ era fatto venire apposta da Napoli le opere del Nostro e del Pagano che ancora gli mancavano. Meglio : per un momento il Michelet aveva pensato addirittura a trasferirsi, durante la sua fatica vichiana, a Nogent per essere più vicino a Saint-Maure, per tal modo, avvalersi, come già pel passato, anche degli aiuti orali del De Angelis, sebbene questi gli scrivesse : «Je ne crois pasque vous ayez besoin de moi pour Vico : vous avez ses ouvrages, et pour un homme tei que vous il ne faut pas davantage ». Altri ringraziamenti, nell’avvertenza suddetta, il Michelet rivolgeva a tre « avocats distingués, MM. Renouard, Coeuret de Saint-Georges e Foucart », i quali avevano « éclairé le traducteur sur plusieurs questions de droit ». E da una lettera del Foucart appare che costui, oltre che esibire chiarimenti su due punti oscuri del capoverso 1030, aveva fornito addirittura la traduzione (molto libera) di gran parte del capoverso 1044 r non senza avere consultato preliminarmente, nell’un caso e nell’altro, un signor « D. », ch’era poi il romanista Ducaurroy. Non mentova il Michelet (e non doveva) il Viguier (il collaboratore del Michaud nella direzione della Biographie universelle ), il quale gli aveva comunicato talune indicazioni bibliografiche. Per contrario, pose in particolare rilievo d’ essere stato « principalement soutenu dans son travail » dall’amico Poret. 2. Sin dal 2 settembre 1826 Le Globe (v. sopra pp. 492 sgg.), nel segnalare « d’avance » l’anzidetto volume del «jeune professeur d’histoire de l’Académie de Paris », premesso che, più che d’una traduzione, si trattava d’un « exposé du aystème et des doctrines du philosophe italien », ossia d’un «sommaire fidèle et complet», soggiungeva: «Le talent du jeune professeur, le zèle qu’il metà toutes ses études, font espérer un bon livre, propre à inspirer le désir de connaitre à fond cet écrivain italien auquel l’école historique allemande a dù peut-étre la première idée des travaux qui Pont illustrée ». Ma, « hon livre », senza dubbio, sotto l’aspetto pubblicistico, il volume, considerato da un osservatorio rigorosamente scientifico, è da dire non già « sommaire fidèle et complet », bensì travestimento, che molte volte assume fisionomia di tradimento. E, invero, anche a prescindere da taluni errori, tra i quali l’avere vólto « indefinito » in « infini », il fatto stesso d’avere riprodotto la prosa vichiana grave, maestosa, robusta, sovente oscura e quasi sempre dai periodi lunghissimi e latineggianti—in una prosa gallicamente leggiadra, gradevole, limpida e contesta di quei periodi brevi e snelli, qualificati dal Nostro, che li aborriva, « mozziconi di periodi », significava già avere dato