Bibliografia Vichiana II

MICHELET

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stro, più che cristiano, sia un «non chrétien ». E dal giorno ch’ebbe « compris Vico», dal giorno, cioè, che lo ebbe così interpretato, «je soggiunge cessai de chanceler dans ma marche», nel senso che « dès 1833, je posai la mort temporaire dii christianisme et, en 1848, de toutes les religione » Per passare, in ultimo, a raccogliere, pure senza pretese di compiutezza, altri accenni al Vico sparsi in altri scritti del Michelet, in una lettera del 23 marzo 1838 a Gian Gaspare Ravaisson-Mollien (1813-1900) e relativa al libro di quest’ultimo su La philosophie en France au dixneuvième siede , egli gli rimproverava di non avere fatto menzione di colui che insegna: « L humanité se cause incessamraent elle-méme », ossia del Vico (Revue de métaphysique et de morale , XIV, 1938, pp. 182-83). Nei suoi diari, a proposito del suo terzo viaggio in Italia del 1853, determinato anch’esso da motivi di salute, annotava ; « Je me hai à l’italie, cette seconde mère et nourrice, qui, jeune, m’allaita de Virgile et, mùr, me nourrit de Vico, puissants cordiaux qui tant de fois ont renouvelé mon coeur » (J. Michelet, Le Bouquet, papiers intimes, Paris, Calmann Lévy, 1879). Motivo, d’altronde, questo di Virgilio e Vico, chfr torna più volte in altri frammenti di Mon Journal, messi in evidenza dal Monod : per esempio, alla data del 4 aprile 1854 : « Que rendrai-je à l’ltalie ? Nourrice. Élevé sur les genoux de Virgile, pour la seconde fois par Vico » ; del 1860 circa : « Mon Italie. Virgile, Vico » ; e del 14 settembre 1871, quasi alla vigilia della morte : « Mes éducateurs : italiens : les morts : Virgile, Vico». Infine nella prefazione apposta nel 1869 all’« édition definitive, revue et corrigée » deWHistoire de France, Moyen-àge (Paris, Flammarion, s. a.) r I, p. xi, si legge : «Je n’eus de maitre que Vico. Son principe de la force vive, de l’humanité qui se crée, fit et mon livre et mon enseignement ». Che non è se non riassunto d* un più ampio brano della prefazione aggiunta nel 1866 alla nuova edizione de\VHistoire romaine : « De mon Vico j’avais gardé un mot profond, qui est la vraie lumière moderne : l’humanité est son oeuvre à elle-méme. C’est-à-dire les peuples se font, vont se créant de leur énergie propre, s’engendrant de leur àme et de leurs actes incessantes. C’est-à-dire les milieux, les climats et les races font beaucoup, certes (et j’en ai tenu compte ) ; mais l’élément de race, sur lequel insistait Thierry, est de plus en plus secondaire, de plus en plus subordonné au travail de transformation que fait sur soi toutes société ». Tuttavia va tenuto presente che « non è questo il pensiero veramente essenziale del Vico, sibbene 1’ altro che 1’ umanità che si fa conosce la sua storia, perché la verità non è altrimenti che conoscenza di ciò che si è fatto ». Così B. Croce nei Quaderni della « Critica », 3 (decembre 1945), pp. 103-104, da consultare anche per ciò che vi si soggiunge di una notevole difformità tra il Vico e il Michelet. Data l’efficacia grande esercitata dal Vico sulla formazione spirituale del Michelet, è ovvio che gli accenni al primo siano assai frequenti nella copiosa letteratura accumulatasi intorno al secondo. Per esempio, una recensione molto laudativa del sopramentovato volume del 1827 pubblicava sin dall’aprile 1828 la Revue encyclopédique (XXXViIi, pp. 61