Bibliografia Vichiana II

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MICHELET

col Vico suscitavano nel Michelet il desiderio, restato per allora inappagato, di penetrare più a fondo nel pensiero di chi aveva meditato la Scienza nuova. Desiderio che, pure non cangiandosi ancora in atto, diveniva più acuto da che, nello stesso anno 1821, egli, essendosi fatto a leggere gli Elémens de la philosophie de Vesprit humain di Dugald Stewart e sembra, per allora, nella vecchia traduzione francese di Pierre Prevost (Ginevra, J. J. Paschaud, 1808) venne colpito anche lui da talune coincidenze tra quest’ultimo rappresentante della scuola scozzese e il Nostro (v. sopra pp. 384 e 403). Gli accadeva, per ultimo, di rileggere nei primi mesi del 1824, il terzo volume, allora pubblicato, dell ’Histoire abregée des Sciences metaphysiques, morales et politiques del medesimo Stewart nella nuova traduzione di J. B. Buchon e d’imbattersi in una nota del traduttore sul Nostro e nel riferimento d’un passo del Cousin sulla metafisica della storia. E codesta congiuntura, combinata con l’acuirsi d’una crisi religiosa determinatasi in lui sin dal 1816 e sulla quale si tornerà nel numero 3 del presente paragrafo, aveva per effetto che, nell’atto stesso che risorgeva in lui più ardente l’antico desiderio di vedere chiaro nelle opere così del Vico come degli altri principali trattatisti della filosofia della storia, gli sembrasse bene di farsi guidare in codesti studi dal Cousin. Detto fatto, presentato dal Poret, amico suo fraterno e collega d’insegnamento nel collegio di Sainte-Barbe, entra in rapporti personali col filosofo francese, il quale, come, simultaneamente, al giovane Quinet quello di volgarizzare in Francia le opere dello Herder, così dà al giovane Michelet l’altro consiglio di accingersi a una traduzione dell’ ultima Scienza nuova e, insieme, a uno studio comparativo tra coloro che avevano preceduto e seguito il Nostro nelle indagini sulla filosofia della storia. Del Quinet si discorrerà a suo luogo (paragrafo 11, numero 1). Per quanto concerne il Michelet, da taluni frammenti superstiti d’ un suo carteggio col medesimo Cousin serbati, con le altre lettere qui appresso citate, nel Museo Carnavalet di Parigi, e pubblicati, insieme con queste, dal Donati non si direbbe che, nei primi tempi, il lavoro gli riuscisse eccessivamente agevole. E invero, dopo avere parlato, in una lettera dell’aprile 1824, di taluni raffronti preliminari che andava compiendo tra il Vico, il Condorcet (v. sopra pp. 356-58), il Ferguson (pp. 37576), il Turgot (pp. 295-96) e Giampietro Ancillon (1767-1837), già in altra del 14 giugno del medesimo anno una traduzione integrale della Scienza nuova gli sembrava « impossible ». Più fattibile soggiungeva trarre dall’opera vichiana un c extrait fori détaillé », e, senza neppure darlo /