Dall Adriatico al Ponto ammaestramenti storici

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meato latiao che tornerà ai avere un’ importanza altissima nei futuri de stini della penisola. I dominatori adattano le loro leggi ed i loro costumi ai dominati. In tal modo si spiega il vastissimo campo delle consuetudini, del folklore, degli usi e delle foggia di vestire, mantenuto nella nomenclatura e nella toponomastica, che le popolazioni romanizzate della penisola hanno conservato via via dal 200 a. C. fino a noi. E non è inverosimile che questa egemonia che Roma esercitò nella penisola dell’Emo, non si stendesse, come un enorme tronco latiao, fra l’Adriatico e il Ponto, attraverso l’lllirico, la Macedonia e la Mosia, tronco che Trajano imperatore rinvigorì in modo assai potente, ed Aureliano mantenne colla ritirata dalla Dacia nella Mesia contro le cozzanti orde innumerevoli che si scatenarono dal tavolato sarmatico. Bella e grande storia, ricca di ammaestramenti, superba di gloria, illuminata dal più fulgido sole ! I rapporti fra l’Adriatico ed il Ponto, fra l’ltalia e la Dacia per la via Egnatia e le altre che si staccavano in ogni senso da essa, erano rapporti di azione e di commercio più limitati in confronto dell’ iniziativa che si esercitava per le vie periferiche. Qui si trattava di alimentare quasi quei rapporti che intercedono fra il cuore e il cervello di un organismo ; mentre Roma rappresentava la Madrepatria, la Dacia era certo, ai tempi di Trajano, la colonia più importante di Roma per posizione, sviluppo e commercio. I Romani, pratici sempre, ritennero, come più tardi i Veneti, tutta la costa adriatica, e la ritennero per avere l’assoluta padronanza del mare. Padroni delle coste e delle isole, non avevano a temere i pirati del mare, e potevano meglio guerreggiare le tribù montanare, fra le quali si aprirono facilmente quelle vie che li guidarono gradatamente alla Sava, alla Drava ed al Danubio, donde potevano tenere a bada il nemico, frazionato cosi con colonie e strade, fra la gran pianura del Danubio ed il mare. Ciò che fecero i Romani e, molto più tardi, i Veneti, cercano ora di fare gli Austriaci, i quali anelano di allungare il loro dominio adriatico costiero, per arrivare ad impadronirsi della chiave dell’Adriatico stesso, Vallona. Dalle coste all’ interno, come si disse, provvedevano alla difesa le strade, le fortezze e le colonie. I rapporti per via di terra fra l’ltalia e il Danubio si tennero con questi mezzi. Le colonie risultano anche qui formate dalla fusione dell elemento indigeno coll’elemento italico da cui sono scaturiti * valacchi peninsulari. Allora la penisola era abitata da popolazioni varie, ma tutte appartenenti al ceppo illirico-traco-macedone, rappresentato da genti, cioè, che avevan fra loro grande affinità. Oggi i Valacchi superstiti si dividono in varie tribù e parlano diversi dialetti con pochissime differenze, o senza dubbio essi sono i discendenti dei superstiti delle varie colonie formatesi colla fusione dell’elemento romano con quello illirico, o macedone, o traffico, e così via. In mezzo a queste numerose tribù vive una gente speciale, propria di quasi tutto il paese, nel quale si alimenta e vivifica l’idea valacca, rappresentata dai Farsaglioti, i discendenti dai superstiti degli eserciti di Cesare e Pompeo. Questa gente, verosimilmente formata di legioni italiche e balcaniche, sbaragliata o disgregata, fuggi al mare, nella speranza di trovarvi