Dall Adriatico al Ponto ammaestramenti storici

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1 le navi ; ma le navi erano partite o i vinti dovettero trovarsi una sede. E naturale quindi che cercassero di vivere in comunanza con le colonie già esistenti, colle quali, però, i Farsaglioti non arrivarono ad unirsi definitivamente per varie ragioni politiche, e forse anche etnografiche. Vennero poi le tenebre del primo Medio Evo alternantisi, più tardi, con la potenza dell’ impero bulgaro-romeno. Tutta la penisola era stata agitata da convulsioni etnografiche violentissime. L’ impero romano fu travolto nella ruina, ma non così da far scomparire, come si potrebbe credere leggermente, le sue traccio : leggi e costumi della prisca grandezza di Roma imperiale vivono tuttora laggiù. Le comunicazioni che Roma manteneva attraverso l’Adriatico con la penisola balcanica erano le seguenti : a) al Nord, una serie di vie di penetrazione nell’ Illirico propriamente detto verso la Sava, le quali mantenevano il contatto fra il bacino del Danubio ed il mare, ma traversavano un paese iuospite e sterile che probabilmente non venne mai assimilato ; b) al Sud, nell'Epiro e nella Grecia le comunicazioni, più che per le vie di terra, erano mantenute per le vie di mare ; c) la via Egnatia ohe dall’Adriatico andava ad Eraclea e si diffondeva in ogni direzione con diramazioni altrettanto importanti. Eu lungo questa via che dal tempo delle guerre macedoniche fino ad Aureliano, le colonie romane vennero lanciate in gran numero, la qual cosa è provata pure oggigiorno dai loro avanzi. Le colonie dell’attuale paese del Musakijà e quelle dei pianori macedoni erano, senza dubbio, collegate con quelle delia Mesia, o, per lo meno, delia Mesia superiore, dove i Romani avevano anche una sede di prefettura mineraria. I Vaiacela odierni, che si stendono fra il Timok e la Morava incuneandosi nella Macedonia, restano, senza dubbio, a rappresentare i superstiti delle colonie romane della Mesia, le quali, dopo Aureliano, furono quelle maggiormente colpite dalle vicissitudini etniche del tempo, e furono colonie assorbite poi dagli slavi, che assimilarono, benché non li conquistassero, anche i bulgari. Come i bulgari, cosi i rappresentanti della latinità in Mesia perdettero in parte la lingua, e diventarono slavi. Ma il fatto resta che dall’Adriatico al Ponto, ossia dalla regione che tiene colla Japigia, le chiavi dell’Adriatico, fino alle estreme frontiere romane del N.-E., Roma aveva gettato un tronco formidabile della sua potenza. Tutta quella regione era diventata per Roma una seconda patria, per più di cinque secoli fraternamente ospitale, tanto che gli illiri e i traci, che innanzi la conquista erano semibarbari, furono i più riconoscenti e 1 più devoti alla madrepatria. Ho detto, ciò che sembra anche ad altri, che le colonie romane della penisola balcanica erano formate di elementi indigeni e di altri tolti in Italia. Cosi si spiega come nella lingua romena si trovino radicali del ceppo traco-illirico in numero non indifferente. Nò mancano nelle lingue dei valacchi balcanici molte forme dialettali italiane, ciò che potrebbe formare argomento di uno studio assai importante. Cosi si spiega, come anche oggi dopo duemila anni, io stesso abbia sentito dire da valacchi delle gole •del Pindo: « i nostri antenati vennero dai paesi del Danubio e d’oltre