La critica e l'arte di Leonardo da Vinci

178 PARTE SECONDA

a chi limiti l'osservazione agli elementi figurativi, senza curarsi di quelli psicologici e intellettuali. Orbene, se, come sinora è avvenuto, malgrado tale opposizione si continua a chiamare chiaroscuro il mezzo di espressione che è proprio tanto a Michelangelo quanto a Leonardo, si finisce per non capire più nulla. Data la definizione di Galileo, chiaroscuro è il mezzo di espressione di Michelangelo; e quindi chiaroscuro non è il mezzo di espressione di Leonardo.

E che cosa è dunque? Colore? Le apparenze del colore sono a dir vero così varie, anzi infinite, e spesso così connaturate con la luce, che si può anche rimanere incerti a riflettere se le apparenze di luce, aria, moto proprie all’arte di Leonardo non siano in fatto apparenze di colore. Ma contro una simile troppo facile conchiusione valgono non solo la contemplazione di tutto lo sviluppo formale della scuola fiorentina, donde nacque all'arte Leonardo, ma anche, e sopra tutto, le esplicite indicazioni di Leonardo stesso che considerava suoi diretti precursori soltanto Giotto e Masaccio, e detestava il colore come massimo pericolo all’arte.

Non chiaroscuro dunque, nè colore. Per non aver rilievo, il mezzo espressivo di Leonardo non è chiaroscuro. Per non aver colori, non è colore. È affine al chiaroscuro, perchè esclude o quasi i colori per limitarsi al bianco e al nero; ma è affine al colore, per l'effetto di visione lontana e di morbidezza atmosferica. Parte dagli elementi del chiaroscuro per giungere al risultato del colore. Di fatto, muta i rapporti fra il chiaro e In scuro, perchè fa prevalere lo scuro sul chiaro ; e per il mutar del rapporto tutto muta : la visione che di scultoria diviene pittorica e lo spirito che la forza traduce nella sottilità. Dopo averlo così definito, come chiamar dunque tale mezzo espressivo, se non sfumato? Sfumano le gradazioni di chiaro e di scuro, e si disperdono nell’atmosfera. Il solido sta all’etereo,

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