La critica e l'arte di Leonardo da Vinci

ii LA VISIONE DELLA NATURA 19

bie, per le quali con difficoltà penetrano le specie degli obietti; egli le pioggie, che mostrano dopo sè i nuvoli con monti e valli; egli la polvere che mostrano in sè e dopo sè i combattenti di essa motori; egli i fumi più o men densi; questo ti mostrerà i pesci scherzanti infra la superficie delle acque e il fondo loro; egli le pulite ghiaie con varî colori posarsi sopra le lavate arene del i fondo de’ fiumi circondati delle verdeggianti erbe dentro alla superficie dell’acqua; egli le stelle in diverse altezze sopra di noi, e così altri innumerabili effetti, ai quali la scultura non aggiunge » (I). Nessuna visione mai è stata più pittorica di questa. Di proposito sceglie Leonardo fra gli effetti della pittura quelli che lo i scultore non può raggiungere. La sua rievocazione è tutta un i guizzare di luci, dal brillare notturno delle stelle alle trasparenze tremolanti delle acque, al vagare caotico per l’aria dei corpi divenuti eterei, nebbie, polvere, fumo. L’ uomo, il dio di tutti i suoi maestri, il dio di Michelangelo, nemmeno è ricordato.

Altrove, perchè nega |’ importanza del paesaggio in arte, Sandro Botticelli cade sotto l’ira del Vinci :

« Quello non sarà universale che non ama egualmente tutte le cose che si contengono nella pittura; come se uno non gli piace 1 paesi, esso stima quelli esser cosa di breve e semplice investigazione, come disse il nosiro Botticella, che tale studio era vano, perchè cel solo gettare di una spugna piena di diversi colori in un muro, essa lascia in esso muro una macchia dove si vede un bel paese. Egli è ben vero che in tale macchia sì vedono varie invenzioni di ciò che l’ uomo vuole cercare in quella, cioè teste d’ uomini, diversi animali, battaglie, scogli, mari, nuvoli e boschi ed altre simili cose; e fa come il suono delle campane, nelle quali si può intendere quelle dire quel che

(I) Trattato, B. 36.

I É L CP al Nivea TARE,