La critica e l'arte di Leonardo da Vinci
30 PARTE PRIMA
osservare quel ch'è detto di sopra, cioè i termini men noti, e poi le membra, ed infine il tutto men noto di figura e di colore » (1).
Dall’osservazione della luce parte dunque Leonardo per intendere la necessità di fondere con la luce la forma tondeggiante; e dall’osservazione della forma tondeggiante giunge a intendere che la veduta pittorica vuole la veduta lontana, onde il « finito fumoso », onde la liberazione dai termini troppo netti e troppo crudi. Più volte insiste Lonardo su tale necessità :
« Tu, pittore, farai le piccole figure solamente acciennate e non finite, e se altrimenti farai, contrafarai alli effetti della natura tua maestra » (2).
« Devesi per lo pittore porre nelle figure e cose remote dall’occhio solamente le macchie, non terminate, ma di confusi termini » (3).
E la controprova della necessità della veduta lontana, trova Leonardo nella miglior posizione per giudicare un’opera d’arte :
« È buono ancora lo allontanarsi, perchè l’opera pare minore, e più si comprende in un'occhiata, e meglio si conoscono le discordanti e sproporzionate membra ed i colori delle cose che d'appresso » (4).
Anzi, una volta per questa via, portato per temperamento alle ultime conseguenze, Leonardo giunge a constatare che nella veduta lontana il colore domanda alla forma la deformazione :
« Le cose vedute da lontano sono sproporzionate, e questo nasce perchè la parte più chiara manda all'occhio il suo simulaero con più vigoroso raggio che non fa la parte sua oscura. Ed
(1) Trattato, B. 125. (2) Richter, 568. Traitato, B. 411. (3) Trattato, B. 477. (4) Trattaio, B. 401.
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