La critica e l'arte di Leonardo da Vinci

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LA VISIONE DELLA NATURA 31

io vidi una donna vestita di nero con panno bianco in testa, che si mostrava due tanti maggiore che la grossezza delle sue spalle, le quali erano vestite di nero » (1).

Non si può andare più in là. È lo scolaro del Verrocchio, il frutto della scuola fiorentina che parla? Persino la deformazione doveva essere ammessa, per amor di verità naturale, da chi era stato educato nella forma e per la forma. È vero, quando dipinge, Leonardo si guarda bene dalle deformazioni cromatiche; proprio perchè la sua educazione è stata formale. Pure, rimane meravigliosa questa libertà, questa anticipazione di coscienza, per cui Leonardo di fronte alla natura si distacca dalla sua scuola, dal suo tempo, dalla sua arte. Ma non si distacca da tutto ciò ch'è insito nel suo animo, per fondare un'arte nuova, lo stile cromatico puro. Era ciò impossibile storicamente. E far ciò avrebbe significato per l'artista sacrificare la più intima fibra del suo spirito per abbandonarsi alla natura obiettiva. Nulla invece Leonardo sacrifica dell’arte sua. Ma, semplicemente, crea una scienza nuova : la prospettiva aerea, ignota innanzi a lui.

I Fiorentini del Quattrocento avevano inventato la prospettiva lineare, corrispondente a una concezione geomeirica della realtà. Ma i fenomeni della luce e dell’ombra erano troppo liberi, troppo svariati, troppo eterei, per esser costretti entro linee geometriche. E Leonardo osserva: « l'occhio non avrà mai per la prospettiva lineare, senza suo moto, cognizione della distanza che è fra l’obietto che s' interponga infra esso occhio ed un'altra cosa, se non mediante la prospettiva de’ colori » (2).

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(|) Trattato, B. 440. (2) Trattato, B. 50

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