Bibliografia Vichiana I, стр. 229
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PREMESSA
nuova press’ a poco nelle condizioni di spirito del buon Esteban (v sopra pp- 217-18), ossia di chi, sebbene non giunga a scorgere in che cosa consista precisamente il valore d’ un’ opera d’ ingegno, ne sente nondimeno in confuso la grandezza. Anzi, come all’ Esteban, appunto per la sua scarsa comprensione, capitò l’infortunio critico di riporre il Vico maggiore nell’orazione in morte della Cimmino, che, appetto alla Scienza nuova, può effettivamente essere considerata, quale la giudicava 1’ autore, « operucciuola fatta per passatempo», così accadde ai più di dare rilievo non tanto alla filosofìa vichiana, della quale, a causa della veste prevalentemente filologica con cui si presentavano la prima e segnatamente la seconda Scienza nuova, parecchi non sospettavano nemmeno l’esistenza, quanto per l’appunto a ciò che, nell’attività scientifica del Nostro, rientrava nella filologia. Da qui le lodi grandi tributate, generalmente, non solo alla classicità del suo stile latino o a questa o quella sua singola veduta storica, ma altresì al suo sapere giuridico e alla sua erudizione, che, da allora al Manzoni escluso, fu asserita, con grande esagerazione, immensa. Diverse le cause di codesto parziale cangiamento della communis opinio. Anzitutto, la reverenza e quasi venerazione che, prima o poi, il Nostro, con l’elevatezza del suo carattere morale, finiva con 1’ ispirare a chiunque, conoscendolo alquanto da vicino, riuscisse a leggere nel fondo di quell’animo tanto semplice quanto grande. In secondo luogo - dato che, sebbene scrittore così poco didascalico, pare invece che il Vico, specie per forza suasiva, fosse un insegnante modello. il fascino ch’egli esercitava d’anno in anno su schiere sempre più numerose di discepoli, i quali, e in modo particolare quelli che frequentavano il suo studio privato, diffondevano, se napoletani nella stessa Napoli, se provinciali nelle provincie rispettive, insieme con qualche eco, sia pure assai labile, delle dottrine insegnate, soprattutto manifestazioni calorose d’ entusiasmo per tanto maestro. Per ultimo dato altresì che pigrizia mentale o altri sentimenti ancora meno onorevoli inducono molli ad attendere, anche nella valutazione dei propri simili, suggerimenti e spinte dall’alto, la duplice congiuntura che. con la riconquista borbonica del Regno (1734), vennero a trovarsi alla testa della cosa pubblica due estimatori del Nostro, cioè, come s’è visto (pp. 206-10), Bernardo Tanucci e, come si vedrà or ora (presente capitolo, numero 5), Celestino Galiani, e che,