Bibliografia Vichiana I, стр. 238

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ALFANO - BONAMY - TERRASSON

dato disperso) per « vendicare la poesia, cotanto da alcuni malmenata », I’ Alfano soggiungeva d’ essersi servito « non poche volte » di espressioni vichiane, specie a sostegno della tesi : essere il furore poetico non altro che « un pensare metafisicando», cioè un atto logico, «sopra un qualche oggetto, per formare poi », ossia in un secondo momento, e come un ornatum che può esservi e non esservi, «le immagini verisimili, le quali fanno il bello poetico » - Ch’è proprio l’opposto dell’idea centrale dell’estetica vichiana. Da notare per ultimo che chi legga un’introduzione premessa dall’Alfano a un centone di Giovan Bernardino Tafuri (16951760) avverte a colpo d’occhio che, nel magnificare la bussola, la polvere pirica, il cannocchiale, la cupola di Santa Maria del Fiore, e via continuando nell’elenco delle grandi scoperte dei tempi moderni, il frate domenicano non fa se non diluire un brano famoso del De mente heroica, non senza che qua e là si riscontrino addirittura corrispondenze verbali. Con la differenza, tuttavia, che le pagine dell’Alfano mirano, antivichianamente, a provare che di quelle scoperte « giustamente si può gloriare sopra ogni altro il rischiarato secol nostro». Per una compiuta biografia dell’ Alfano cfr. F. Nicolini, Uomini di spada, ecc., pp. 102-36. Circa i suoi rapporti col Nostro, Vico, Opp., V, 242-44. Pel brano della seconda Scienza nuova cfr. Opp., IV, capov. 821. —Il centone del Tafuri s’intitola Delle scienze e delle arti inventate ed accresciute nel Regno di Napoli (Napoli, Parrino, 1738). Pel brano del De mente heroica. Vico, Opp., VII, 25-31. 9. P. N. Bonamy, A. Terrasson. Nell’appendice alla sua citata edizione delle Opere del Vico (p. 788) il Predari afferma che « Bonamy toglieva da Vico il tema e le parti più vitali del suo maggior lavoro sulle romane antichità ». Ma, in verità, si tratta di cosa molto più modesta. Il 23 giugno 1735, il 18 maggio 1736 e il 15 febbraio 1737, Pietro Nicola 80. namy da Louvres (1694-1770), socio dell’Académie des Inscriptions et Belles Lettres, nonché storiografo ufficiale della città di Parigi, leggeva all’ accademia le tre parti d’ una sua dissertazione Sur l’origine des loix des XII Tables : dissertazione che inseriva poi alle pagine 27-99 del tomo decimosecondo dei già citati Mémoires di quel sodalizio. Ivi, alla pagina 29, relativa alla parte letta nel 1735, si comincia con l'osservare che «on pourroit croire que la politique des patriciens fit revivre les anciennes loix et les usages abolies,