Bibliografia Vichiana I, стр. 243

WARBUHTON - LÉONARD

237

Marcantonio Léonard de Malpeines (1700-1768), il quale diè fuori codesta sua fatica l’anno stesso della morte del Vico col titolo Essai sur les hiéroglyphes des égyptiens. E, attraverso codesta traduzione, le idee del Warburton sull’origine non recondita e intellettualistica, ma spontanea e volgare dei geroglifici, passavano nel 1746 nell’ Essai sur Vorigine des cannaissances humaines del Condillac (v. quaggiù sezione capitolo primo, paragrafo 111, numero 1), e nel 1754, in qualche modo, nel Discours sur Vorigine et les fondements de Pinegalité parmi les hommes del Rousseau, e ancora più, nel 1770, neH’Eisai sur l’origine des langues del medesimo scrittore (v. quaggiù sezione seconda, capitolo primo, paragrafo 111, numero 5), e nel 1758 nell’opera citata del Goguet, e nel 1765 nel Traile de la formation méchanique des langues del De Brosses (v. quaggiù, sezione seconda, capitolo primo, paragrafo 111, numero 8); e continuavano ad avere in Francia molta fortuna, culminata nel fatto che a esse appunto s’ispirerà l’interprete stesso dei geroglifici egizi Gianfrancesco Champollion (cfr, quaggiù sezione terza, capitolo secondo, paragrafo I, numero 2). Senonché proprio intorno all’origine e alla natura dei geroglifici il vescovo inglese, con dottrina, chiarezza e sviluppi certamente maggiori, ma anche con profondità e sistematicità non poco inferiori, non fa se non ripetere le teorie della Scienza nuova. E, eh’ è più, chi legga ciò che il Warburton scrive dei rapporti tra i geroglifici e i miti, tra i geroglifici e il cosiddetto linguaggio improprio o figurato, tra la metafora e la favola, e cosi via, risente con tanta forza continui riecheggiamenti di dottrine vichiane da non potere non porre la questione : se, per avventura, lo scrittore inglese non avesse conoscenza dell’opera del filosofo napoletano. Cautela critica impone di non pronunciarsi né pel sì né pel no. Tanto più che la questione è connessa con l’altra, più generale ; se la prima e magari la seconda redazione del capolavoro vichiano giungessero o no in Inghilterra prima del 1737. Di sicuro, sinora, non si conosce altro se non che un esemplare della Scienza nuova prima fu dall’autore inviato in omaggio al Newton pel tramite del già mentovato Giuseppe Athias (v. sopra p. 196), il quale, il 25 febbraio 1726, diè assicurazioni scritte al Vico d’averlo consegnato al dotto ministro e predicatore presbiteriano, nonché console inglese a Li-