Bibliografia Vichiana I, стр. 249
nella sua storia letteraria mentovata più oltre, e così via via da quanti sino ai giorni nostri si sono occupati dell’ autore del De ortu viene ammesso, esplicitamente o implicitamente, ch’egli conoscesse la Scienza nuova. E, quando tutt’ altro mancasse, vale pure qualche cosa il fatto che, salvo nei punti di contatto col Nostro, lo Steliini non fa se non ripetere, in uno stile che il Tommaseo qualifica « senza precisione, freddo e poveramente verboso », luoghi comuni e talora trivialità della filosofia imperante nel secolo decimottavo. Per esempio, unico fine della morale è, per lui, 1’ acquisto dell’ « umana felicità naturale ». Peggio : «il senso del pudore soggiunge il Tommaseo che abbiam visto nel Vico essere tanta parte dell’umana dignità, nello Steliini non è che la vergogna del male ». Et sic de caeteris. Ma è anche vero che i libri hanno un loro fato. La Scienza nuova passava quasi inosservata ; laddove al De ortu arrideva così rapida e piena la celebrità che racconta il Fabroni, il quale non esita a paragonare lo Steliini a Socrate gli studiosi stranieri si recavano apposta in Italia per conoscere di persona chi lo aveva scritto. E, anche dopo che quegli entusiasmi furono sbolliti, giovò non poco alla postuma fortuna dello Steliini 1’ avere avuto tra i suoi discepoli più devoti un divulgatore dell’abilità del francese italianizzato Pierluigi Mabil o Mabille (1752-1836), anche poi, a prescindere dalla sua attività politica, insegnante nello Studio padovano, e le cui Lettere stelliniane, pubblicate a Milano nel 1811 e ristampate a Padova nel 1833 in due volumi, ebbero l’elfetto di assicurare per qualche altro decennio quanto meno notorietà alla facile filosofia che v’ era riassunta. Se ne vuole di più ? Il Romagnosi, che si era abbeverato molto più di vichismo annacquato, cioè di stellinismo, che non di vichismo schietto, non si contentava di porre alla pari il Vico e lo Stellini, vale a dire di parlare dell’ uno e dell’altro come di « due sommi pensatori italiani », e nemmeno d’ asserire che l’uno e l’altro avevano « spinto il volo » —il Tommaseo diceva, al contrario, che dove il Vico « vola », lo Stellini «va balzelloni » in virtù d’un’ « ispirazione indipendente » (il che per lo Stellini proprio non è vero) ; ma volle anche soggiungere che l'autore del De ortu era «più speculativo», cioè maggiore filosofo, di quello della Scienza nuova, al quale si degnava di
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STELLINI