Bibliografia Vichiana I, стр. 252

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LAMI

Nel (omo terzo (1742), p. 519, a proposito del padre Grandi e delle Memorie sulla vita di lui, si ripete ch’egli voleva « prendersela » con la Scienza nuova, piena « di visione amenissime » (v. sopra pp. 207-208). Nel tomo sesto (1745), p. 32, si esibisce la breve necrologia del Nostro mandata da Napoli, e della quale si discorrerà nel primo capitolo della sezione seguente (paragrafo 11, numero 4). Nello stesso tomo, p. 280, si accenna all’ Autobiografia. Nel tomo XXIII (1762), p. 281, a proposito della nuova edizione della Biblioteca struviana, si dice che in essa sono mentovati, tra molti altri giureconsulti-poeti, lo Zappi, il Gravina, « Gio. Batista de Vico », Giuseppe Averani e Giuseppe Aurelio di Gennaro. E finalmente nei tomi XXV (1764), p. 314, e XXIX (1768), pp. 317 e 328, la polemica Duni-Finetti (sulla quale cfr. sezione seguente, capitolo primo, paragrafo I, numero 6) induce il Lami non solo a riferire per esteso le ventitré prove addotte dal Finetti per mostrare contraria al Genesi l’ipotesi vichiana dell’erramento ferino, ma altresì a qualificare il Nostro « superbo ribelle al passato », « filosofo entusiasta », « enfatico e sublime sognatore », < fanatico immaginoso » e persino « empio ». Senonché, più che 1’ implicita irreligiosità del sistema vicinano, ciò che induceva il Lami a inferocire contro il Nostro erano le rivoluzionarie « discoverte » romanistiche della Scienza nuova, e in modo più particolare quella, mentovata qui tante volte, sulla genesi delle Dodici Tavole. Del che non è da fare le maraviglie, qualora si pensi che, una settantina d’anni dopo, quando analoghe « discoverte » ricominceranno a circolare nella respublica litteratorum per opera del Niebuhr e di altri studiosi germanici, un’ analoga repugnanza allo sforzo mentale occorrente ad acconciarsi a quelle nuove concezioni storiche e al cangiato metodo che esse venivano a introdurre anche nella ricerca delle fonti e nella loro critica, farà prorompere parecchi eruditi italiani di vecchio tipo, e tra essi il tanto dotto quanto antivichiano Carlo Troya (v. più oltre sezione terza, capitolo primo, paragrafo IV, numero 11), negli analoghi motti stizzosi di «nebbie germaniche», «deliri de’ settentrionali», «arroganze teutoniche», e così via. Comunque, già alla pagina xxxviii dell’introduzione al primo volume della sua edizione monumentale degli Opera del Meursio (Firenze, 1741 e anni seguenti, dodici volumi in folio massimo) il Lami preannunziava una nota contro il Nostro: nota che, contenuta in poche righe della colonna 9 del medesimo volume, venne poi ampliata nel secondo (1743) a circa sei colonne (319-24) in caratteri minutissimi, esibenti il tentativo d’una piena confutazione delle dottrine vichiane relative non