Bibliografia Vichiana I, стр. 253
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LAMI
solo all’ autoctonia o « non grecità » delle XII Tavole, ma a tutta la storia romana primitiva. È cosa da stupire scrive che « 10. Baptista Vicus neapolitanus » non abbia temuto di porsi contro copiosissime testimonianze di testi classici, e d’impugnare « futilibus rationibus » una narrazione storica veneranda per vetustà e confermata dal consenso di uomini dottissimi, tra cui il Meursio. Il racconto tradizionale non è congruente ai suoi «principia», alle sue « ratiocinationes », alle sue « collectiones » : il che gli è bastato per asserirlo, «tamquam ex tripode», favoloso. Per contrario, quei suoi « principia » sono opposti alla verità ; quelle sue « ratiocinationes » non procedono per la retta via; quelle sue « collectiones » sono « absurdae et deridiculae » ; e, per dire tutto in una frase comprensiva, la Scienza nuova è un «libellus» infarcito di «fabellae», di «somnia», di « deliramenta ». A codesta stroncatura il Lami stesso comprende che dovrebbe seguire una dimostrazione purchessia. Ma egli crede potersene dispensare per tre ragioni asserite da lui validissime: perché non vuole, con l’esibizione d’uno sciocchezzaio, suscitare nei suoi lettori un « risus inextinguibilis »; perché il Vico è uomo « moti capitis » e, come tale, « Hippocratis vinculis adligandus » o, in lingua povera, da essere chiuso in un manicomio ; perché di sciocchezze vichiane, e non senza provocare sibili degli eruditi, diè già una silloge don Guido Grandi (v. sopra p. 208), il quale ha mostrato, « tamquam ex ungue leo », quale scervellato sia codesto « novae sapientiae ventilator». Dopo di che, non può fare impressione che, nel passare a qualche osservazione particolare, il Lami qualifichi « languidas et frigidiusculas » le gravi obiezioni, anche di carattere erudito, mosse dal Vico al racconto tradizionale e, Luna dopo l’altra, accolte quasi tutte dalla critica moderna; afferrai la statura intellettuale del Gravina, che s’attiene appunto alla tradizione, superiore di cento cubiti a quella del Nostro ; e asserisca quest’ultimo reo altresì d’avere « perverse » emulato Pollione in fatto d’audacia antiliviana. E reo di quest’altra colpa, soltanto perché precorse gli studi del secolo decimonono così nell’ avere relegato nel regno delle favole quanto i primi libri dell’Hè Urbe condita narrano dei primi secoli di Roma, come nell’ avere asserito che, sotto l’aspetto della pie-