Bibliografia Vichiana I, стр. 254
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LAMI - GANASSONI
cisione e ricchezza d’informazione, lo storico patavino è assai inferiore all’ « eruditissimo » Marco Terenzio Varrone. Cose tutte le quali mostrano che, malgrado la sua grande erudizione, anche il Lami, alla guisa stessa del Romano (v. sopra pp. 233-35), non era bene informato della più recente letteratura dell’argomento, come colui che ignorava che la generale scepsi del Vico nella storiografia tradizionale dei primi secoli di Roma era ricomparsa nelle dissertazioni del De Pouilly e del De Beaufort (v. sopra pp. 211-12 e 239-41), e che la scepsi più particolare in ciò che Livio e Dionigi d’Alicarnasso (ma né Varrone né Polibio) raccontano dell’ambasceria romana mandata in Grecia a fare incetta di leggi era ricomparsa anch’essa, se non proprio nei tre mémoires del Bonamy (v. sopra pp. 232-33), certamente nella dissertazione del Ganassoni, di cui passeremo a fare parola. Cfr. Tommaseo, Giambattista Vico, edizione Quadrelli, pp. 46, nota 1, e 97, nota 1 ; Labanca, G. B. Vico e i suoi critici cattolici, pp. 150-64. Per l’avversione di parecchi eruditi italiani al Niebuhr, Croce, Cultura germanica in Italia nel Risorgimento, in Uomini e cose della vecchia Italia. 11, 259-61. 20. F. M. Ganassoni.—E, invero, un anno prima della comparsa della nota del Lami, la teoria vichiana sulla genesi delle XII Tavole trovava, se non proprio un apologista, quanto meno un riassertore nei patrizio bresciano Francesco Maria Ganassoni, autore d’una discettazione inserita nel tomo decimonono della Raccolta di opuscoli scientifici e filologici del Calogerà (Venezia, Occhi, 1742), nella quale reca il titolo Ricerche intorno aIT opinione di Tito Livio e di Dionigi d’ Alicarnasso, i quali affermano che i romani trascrissero dalle greche, e da quelle di Solone particolarmente t le leggi inserite nelle XII Tavole. Certamente il Ganassoni mostra d’ignorare tanto il mentovato luogo della Scienza nuova prima, ove, come s’ è visto (p. 207), il Vico tornò sulla questione trattata già nei capitoli XXXV e XXXVI del De constantia, quanto la degnila xcii della seconda Scienza nuova (Opp ., IV, capovv. 283-87), ove l’ora mentovato capitolo della Scienza nuova prima è riassunto e, al tempo medesimo, arricchito d’un’importante giunta concernente Polibio (e, com’è ovvio, meno ancora ha notizia dell’allora inedito Ragionamento consacrato dal Nostro al codice decemvirale). Ciò non ostante, sulla scorta del De constantia ,