Bibliografia Vichiana I, стр. 255

GANASSONI

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del quale loda l’autore come colui che aveva dimostrato « a chiare note e matematicamente » non derivare le leggi romane da quelle di Grecia, il medesimo Ganassoni sa bene rimandare, come il Vico, alla sentenza di Varrone sull’ origine schiettamente latina delle leggi romane ; sa bene mostrare, come il Vico, le contraddizioni del racconto tradizionale nelle diverse versioni di Dionigi d’ Alicarnasso e di Livio ; sa bene porre in rilievo, come il Vico, la repugnanza dei romani del quinto secolo avanti Cristo ad accogliere leggi e costumanze straniere • sa bene scorgere, come il Vico, che le poche e lievi coincidenze tra la legislazione selenica e quella decemvirale, anziché una derivazione di questa da quella, provano, tutt’al più, la simiglianza in Atene e Roma di taluni fondamentali bisogni sociali, ecc. ecc. Naturalmente, a chi volesse sottilizzare riuscirebbe facile addurre le molte osservazioni critiche dello stesso De constantia che il Ganassoni non seppe porre a profitto e talora nemmeno vedere. Per esempio, nessuna traccia è in lui delle profonde osservazioni vichiane sul carattere poligenetico del cosiddetto codice decemvirale e delle sue varie stratificazioni, attestanti momenti diversi e a volte molto lontani della civiltà romana. Analogamente, non gli passa nemmeno per la mente che intendere a pieno la soluzione data dal Vico alla questione delle XII Tavole non è possibile se non a chi si guardi dallo scindere codesta questione particolare dalla nuovissima concezione, esibita già nel De constantia e poi e più radicalmente nelle due Scienze nuove, di tutt’ intera la storia romana dei primi secoli ; e codesta concezione stessa da quella, ancora più generale, delle società eroiche ; e codesta concezione ancora più generale da ciò che, in sede di teoria, il Vico dice dei due momenti ideali della conoscenza fantastica (poesia e mito) e della forza. Ma, d’altra parte, censure del genere riuscirebbero tanto più ingiuste in quanto ben altro sarebbe da obiettare contro non pochi trattatisti odierni del codice decemvirale, i quali, pure restando talora assai indietro al Vico, o non lo rammentano ovvero lo ricordano con tanta genericità e imprecisione da mostrare evidente la citazione, nonché soltanto di seconda, addirittura di quinta o decima mano. Per qualche altro ragguaglio cfr. le opere del Flint e del Siciliani citate più oltre, pp. 171 e 45, nonché Labanca, G. B. Vico e i suoi critici cattolici, pp. 158-61.