Bibliografia Vichiana I

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D’ARONNE - BUONAFEDE

opuscolo, che, inferocito contro il Genovese, lo stesso D’Aronne gli scaraventò contro (Napoli, Giuseppe Raimondi, 1760, di pagine 7 innumerate più 74 numerate in dodicesimo), e che, dedicato «al signor don Alfonso Airoldi», e contenente una Dissertazione metafisica intorno ad alcune dottrine del signor don Antonio Genovese e del signor don Pasquale Magli, mira a provare che delle dottrine genovesiane, toto caelo opposte alla « condotta d’ uomo onesto » e alle « principali verità metafisiche », potevano « tirarsi conseguenze troppo assurde e contrarie alla nostra santa religione ». Di codesto secondo opuscolo è da vedere una sorta di autodifesa introduttiva, in cui il Genovese veniva invitato a leggere « il giudizio che fa scriveva il D’Aronne della mia Grammatica il signor don Giambattista Vico... : dico colui del quale non si dice mai tanto che ’l merito non sia sempre ad ogni lode superiore ». Per altri ragguagli, F. Nicolini, Uomini di spada, ecc., pp. 887-91. 4. A. Buonafede. Se non discepolo in senso stretto, ascoltatore e grande ammiratore dei Vico era stato, negli ultimi anni del Nostro, il monaco celestino Appiano Buonafede da Comacchio (1716-93), il quale, venuto nel 1740 a insegnare teologia nel convento napoletano di San Pietro a Maiella, dovè incontrarsi più volte col vecchio filosofo in casa di monsignor Celestino Galiani (v. sopra pp. 227-29), stato pel passato generale dell’ordine celestino. Già nell’ Istoria della restaurazione della morale e della giurisprudenza in quest' ultimo secolo, ch’è un primo abbozzo della qui appresso citata Restaurazione di ogni filosofia, il Buonafede, attraverso un esame fortemente polemico dei sistemi dei filosofi «trasmarini e trasmontani», teneva a mostrare quanto fosse più « retto » quello del Vico. Sul Nostro tornava nei Ritratti poetici, storici e critici di vari uomini moderni di lettere (cfr. quinta edizione, « accresciuta di nuovi ritratti », Napoli, Terres, 1770, 11, 129-32), ove inseriva intorno a lui un sonetto seguito da un commento. Nel sonetto faceva pronunciare al Vico l’autoelogio : Dal volgo e dal fragor della citiate romito pellegrin fuggo e m’involo. Vivo nell’ombra delle morte etate, non mai men solo che qualor son solo.